
IL ROMANISTA (F. TOTTI) - Il 17 giugno del 2001 ho pianto, e non mi era mai successo prima di farlo per il pallone. Per la mia Roma. Quando larbitro ha fischiato la fine ho abbracciato i miei compagni, ho sentito labbraccio di tanti tifosi, sembrava che mi abbracciasse tutta Roma, poi ho abbracciato il mio amico Vito e ho pianto.
AllOlimpico si vedevano soltanto bandiere. Il 17 giugno del 2001 è stato il giorno più bello della mia carriera, quello in cui ho coronato il mio sogno da bambino che è lo stesso sogno di qualsiasi ragazzino romanista: vincere lo scudetto con questa maglia, nel mio stadio, segnando il gol sotto la Curva Sud. Dopo la rete tornando in mezzo al campo ho indicato la tribuna dove cera la mia famiglia, dove cera mia madre che indossava la mia maglia e ho detto: "E vostro".
Perché è così. Se io Francesco Totti sono diventato campione dItalia lo devo alla mia famiglia e alle persone che mi sono state sinceramente vicine, oltre alla mia serietà e alla voglia di arrivare a traguardi del genere. Non scorderò mai il 17 giugno 2001, non scorderò mai la gente in festa, sono ricordi e sensazioni che porto con me in ogni momento. Solo chi è romanista può capirlo: se ho scelto di restare per sempre alla Roma è perché solo la Roma può darti emozioni così. In nessun altro posto e con nessuna altra squadra avrei e potrei avere gli stessi brividi. E per questo che prima di smettere voglio vivere unaltra giornata così. Così bella da farti piangere.