La tessera vìola la libertà di associazione

05/05/2011 alle 11:26.

IL ROMANISTA (A. VELTRI) - La battaglia contro la Tessera del Tifoso prosegue ben al di là della concessione ai tifosi romanisti da parte dell’Osservatorio di poter assistere alla semifinale di ritorno di Coppa Italia, Inter – Roma, in programma l’11 Maggio 2011, alle ore 20:45. Anche perché più che di una concessione, possiamo parlare di un contentino: solo 400 biglietti per i non tesserati. In sostanza, ci lasciano le briciole. L’obbligo di tesserarsi sembra, più che una decisione emergenziale per far fronte ad una necessità di sicurezza, una soluzione endemica. Oltre alle problematiche legislative già affrontate nei precedenti articoli, un aspetto che suscita interesse è il contrasto fra l’obbligo di tesserarsi e il principio di libertà di associazione.

La Direttiva che istituisce la Tessera del Tifoso affida il programma di tesseramento ad una associazione privata, ossia alla società sportiva di riferimento del supporter, e non ad un soggetto pubblico. Dunque, la associazione privata, con il consenso della Pubblica Amministrazione, ha il potere di tesserare e di istituire la comunità di fidelizzati. Quindi un tifoso, per entrare in uno stadio, di proprietà del Comune, necessita di una tessera attribuita da un organo privato, la società sportiva, che gode solo della concessione amministrativa per poter usufruire dell’impianto. Il singolo supporter è poi tenuto ad associarsi a quella che di fatto è una branca della Società sportiva, per potersi avvalere dei servizi che la tessera conferisce. E’ come se un bagnante, per poter accedere ad un bene pubblico come il bagnasciuga, debba per forza far parte di un’associazione costituita dallo stabilimento balneare. Ovviamente il consenso di quest’ultimo ad aderire al club è viziato, non è un consenso puro, con buona pace del principio di libertà della associazione privata. Altro aspetto interessante è la violazione del principio dell’art. 97 della Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione...” Questo articolo impone l’obbligo di attribuzione delle funzioni pubbliche mediante norma di legge.

Le società di calcio vengono dotate, con la Direttiva del Ministero, di un vero e proprio potere discrezionale, seppur vincolato e comunque guidato da parte degli organi amministrativi, e di funzioni simili a quelle dei pubblici ufficiali. Per poter godere di tali poteri e per poter svolgere tali funzioni, è necessario che le società esercitino una attività dettagliatamente regolamentata dalla legge. Più specificamente, per poter affidare alle società sportive il potere di concedere la Tessera, non è difatti sufficiente una semplice circolare ministeriale, né un mero rinvio al Decreto n. 8 del 2007, considerato come fondamento normativo del programma di fidelizzazione mediante carte dotate di microchip identificativo. Nessuna delle norme di questo Decreto, infatti, garantisce potestà pubbliche di questo genere alle Società calcistiche: nell’atto legislativo in questione si parla di adeguamento degli impianti, di iniziative per promuovere i valori dello sport, di generiche prescrizioni per le società sportive, ma mai si la Fidelity Card. Occorre, invece, una regolamentazione minuziosa del potere discrezionale della associazione sportiva di concedere la tessera, dato che l’ente privato esercita, in questo caso, funzioni proprie di un pubblico ufficiale. In questo senso, basti pensare al fatto che la Card in realtà è un vero e proprio atto pubblico e che i dati dei possessori vengono comunicati alle Questure. La nostra iniziativa continua, per così dire, con una funzione critica e “maieutica”: siamo tutti uniti per cambiare giuridicamente questo “obbrobrio”.