Il modello Barcellona fa già sognare i tifosi, ma servono acquisti

27/05/2011 alle 11:41.

GASPORT (A. CATAPANO) - Palato fine, richieste esose, è sempre stato così, anche quando c’era la Rometta. La città giallorossa si sente caput mundi anche nel calcio, non si sa bene a quale titolo vista la povertà della bacheca. Anzi, forse proprio per questo: Roma vuole fortissimamente vincere, o almeno provarci. L’ultimo scudetto è arrivato dieci anni fa, l’unica coppa europea risale al 1961, praticamente nella preistoria. La città chiede di essere protagonista, in Italia e in Europa.

Non si accontenta più di Coppe o Supercoppe italiane. Però Roma sa anche ragionare, capire, apprezzare gli uomini e i progetti che incontrano le sue aspirazioni, in cui può ritrovare i propri valori. E, in questo caso, è disposta a farsi sedurre.

Lentamente È quello che sta capitando col progetto di Thomas DiBenedetto: Roma lo ha abbracciato subito con entusiasmo, affascinata dal sogno americano; poi si è posta con scetticismo, ansiosa di notizie; ora mostra di aver intuito le innovazioni del progetto, la sua possibile portata rivoluzionaria, l’idea di cambiare il calcio italiano e, perché no, di creare una filiale italiana del . Anche se questo percorso richiederà qualche anno e non sarà possibile vincere subito.



Patti chiari... In questo solco è arrivata la notizia di Luis Enrique. Grande calciatore ma tecnico sconosciuto a queste latitudini. Dopo essere stata solleticata dall’idea di andare a prendere in aeroporto Guardiola, Villas Boas, o Wenger (ma pure di ritrovarsi con Pioli), il contraccolpo provocato da Luis Enrique poteva essere forte, traumatico. E invece ieri, letta la notizia, i tifosi, in maggioranza, hanno apprezzato: giovane, brillante, raccomandato da Guardiola, che di lui dice addirittura «è un fenomeno» . E poi il suo gioca come quello dei grandi, il è il suo credo e si sa che per questo modulo i romanisti hanno un debole dai tempi di Zeman.

Soprattutto, i romanisti ieri sposando Luis Enrique hanno votato per il cambiamento, la svolta epocale. Sono disposti ad assumersi i rischi, ma pure a vivere il fascino di una sfida nuova, mai vista prima da queste parti. È un’apertura di credito, non una fiducia illimitata. Roma è accogliente, ma non fessa. Perciò, inutile raccontarle che Luis Enrique farà da apripista a Guardiola. Non è così, non sarebbe giusto, e forse sarebbe pure meno affascinante.