Il capitano che sostituì il Capitano

24/05/2011 alle 12:30.

IL ROMANISTA (V. META) - Il Capitano si avvia verso la linea del fallo laterale fra gli applausi di tutto lo stadio, guarda negli occhi il capitano, gli dà il cinque e poi lo abbraccia. Per il Capitano è appena finita la quattrocentosettantaquattresima partita con la Roma in serie A, per il capitano sta iniziando la prima. Potrà dire che è stato Totti a benedire il suo esordio, Alessandro Florenzi, che a due settimane dalle finali scudetto che aspettano la sua Primavera ha regalato l’ultima emozione dell’anno a un Olimpico avaro di applausi con tutti tranne che con i due capitani. Una decina di minuti accanto a David Pizarro - quello a cui si ispira da sempre e che è stato il primo a dargli il cinque quando è entrato -, quanto basta per rendere indimenticabile una notte di primavera.

Vent’anni compiuti a marzo, gli ultimi sei passati nelle giovanili delle Roma, aspettava la prima con i grandi ormai da qualche mese, da quando Montella lo ha aggregato ai suoi in allenamento. Convocato per le trasferte di Lecce e di Milano in Coppa Italia, si era dovuto accontentare sempre della tribuna:quando il tecnico l’ha mandato a scaldarsi a inizio ripresa insieme a Caprari, ha capito che forse il suo momento stava arrivando. A rimanere negli occhi è però quell’abbraccio con così carico di suggestioni. «Eh, non ce l’aspettavamo - dice ancora il papà -. Entrare al posto di per un ragazzo è un onore, certo, ma la speranza è che in qualche modo possa essere un segno. Non lo dimenticheremo mai. Lui? Tranquillissimo, non è il tipo che si esalti. Ha vissuto questi giorni in completa serenità». E infatti il day after di è un lunedì come gli altri: colazione al bar con i soliti amici a Vitinia, quelli che sfida (e batte regolarmente) a biliardo, magari qualche stretta di mano in più, anche perché nel quartiere tutti lo conoscono e gli vogliono bene. Sarà per quel suo sorriso contagioso, sarà perché è difficile non prendere in simpatia un bambino che ha imparato a calciare quasi prima che a camminare, visto che il calcio ce l’ha nel sangue: calciatore il papà, calciatore il fratello maggiore Emiliano («è lui quello forte», scherzava una volta Alessandro fuori dai cancelli di Trigoria»). Pranzo veloce e poi via ad allenarsi: il capitano torna dalla sua squadra.