Yes! La Roma è degli americani. Unicredit vende a DiBenedetto

16/04/2011 alle 12:07.

LA REPUBBLICA (A. ACQUARIO / M. PINCI) - Altro che firma: ci sono voluti chilometri di inchiostro per siglare e controsiglare il contratto che cambia la storia del calcio italiano. Da ieri la Roma parla americano: o quantomeno italoamericano. In fondo quel Thomas DiBenedetto che adesso scioglie il suo faccione in un

Eccola qui la nuova Roma italo-americana, lo squadrone che già sogna Gigi Buffon e uno stadio nuovo, i primi obiettivi snocciolati dal nuovo patron, il tifosomiliardario che ha raccolto intorno alla sua singolare cordata altri ricchi imprenditori come Richard D’Amore e Michael Rouane: ma soprattutto James Pallotta, l’uomo che con i suoi hedge fund regna su Wall Street e con i suoi Celtics — la squadra mito del basket di Boston — regna nel pianeta Nba. E’ proprio la vocazione sportiva di DiBenedetto e Pallotta ad aver convinto Unicredit che la cordata era giusta. Oltre all’incrocio magico con i Celtics, la passione di Tom per i campi da gioco si è già concretizzata in una partecipazione nei Red Sox, gli eroi del baseball di Boston, e del Liverpool. La connection inglese è la più interessante. Le due formazioni sono proprietà della Fenway Sports Group, la compagnia che oltre a DiBenedetto e perfino all’intero New York Times vede tra i suoi partner anche il campionissimo di basket LeBron James. Dopo aver stupito l’America, infilandosi nel Liverpool, ora il mitico LeBron verrà sedotto anche dalla Magica? Per il momento, il precedente Fenway serve a spiegare bene come funziona il DiBenedetto modello. Perché gli affari la società li fa con i marchi delle squadre — il merchandising e il diritto di sfruttare il “brand Roma” è stato tra i punti più delicati della trattativa. E soprattutto con gli stadi: da quello di Boston a quello di Liverpool. E’ qui la festa: e sarà quindi inevitabile che la nuova Roma a strisce giallorosse si ritroverà tra poco a sgambettare in uno stadio che non è l’Olimpico. Per adesso accontentiamoci della formazione del board. I magnifici tredici: otto uomini degli americani e cinque di Unicredit. Dentro ci saranno sicuramente Roberto Cappelli, l’avvocato della banca, e il manager Paolo Fiorentino per gli italiani. E naturalmente DiBenedetto e l’avvocato Mauro , che cura i suoi interessi, per gli americani. Il contratto firmato ieri resta un preliminare. Le carte definitive verranno siglate a Roma e sempre dall’Italia dovrà arrivare il via libera dell’Antitrust.

L’affare si concretizza secondo le indiscrezioni già trapelate. Il 60 per cento in mano a Unicredit viene pagato 66 milioni, poi altri 15-20 milioni sono quelli quantificati tra il marchio e il campo di Trigoria, che la newco riacquisterà. Quindi si avanzerà con l’Opa da una trentina di milioni e infine con le due ricapitalizzazioni da 90 milioni complessivi — che l’accordo prevede per far fronte al passivo con cui la Roma chiuderà il bilancio. Un’operazione da 200 milioni in tutto. Che gli americani affrontano anche grazie al prestito da 40 milioni a vent’anni che Unicredit concede alla newco. Numeri, carte, garbugli. Ma adesso è (quasi) finita: finalmente si gioca sul serio.