IL MESSAGGERO (U. TRANI)- Vincenzo Montella si tiene ben stretta la sua Champions. Finora 7 partite di campionato, più alti che bassi, altre 6 da affrontare, quattro nel suo Olimpico, lo stadio che, dopo averlo apprezzato come centravanti, se lo sta godendo anche come tecnico. In gioco, da sabato prossimo al traguardo del 22 maggio, il quarto posto per la Roma e il futuro del più giovane allenatore della nostra serie A.
«Prima di accettare lincarico, già sapevo che avrei dovuto convivere con le voci sul mio possibile sostituto. Nessun fastidio, dunque, a sentire i nomi di Ancelotti, Guardiola, Villas Boas e Gasperini. O altri». Sono parole che dal 21 febbraio, giorno della promozione dopo laddio di Ranieri, ripete spesso in pubblico. Dalla vigilia di Udine, anche per difendere i suoi metodi, il suo modo di vivere la professione, con attenzione, voglia e partecipazione, la virata dellaeroplanino. Già sicuro di sè in partenza, adesso è meno disponibile a scansarsi per lasciare la panchina giallorossa a un collega più affermato o semplicemente più esperto. «Può accadere, alla fine della stagione, tutto e il contrario di tutto. Se la Roma si qualifica per la prossima Champions perché dovrei lasciare il posto ad un altro?».
Non è stato solo uno scatto dorgoglio. Nei giorni che hanno preceduto lo spareggio di Udine, Montella ha ricevuto la telefonata di Walter Sabatini, futuro direttore sportivo giallorosso. Si era già fatto vivo anche Baldini che Vincenzo ha spesso sentito in passato per confontarsi sul lavoro. Ma lultimo contatto, la settimana scorsa, non è stato solo di cortesia. E servito per dar forza alla posizione dellallenatore. Non nei confronti del gruppo, visto che la chiamata è rimasta segreta e nessuno lha pubblicizzata. Va dunque letto come messaggio che i nuovi proprietari hanno voluto inviare al tecnico. Per fargli capire che anche lui ha le sue chances, con o senza la Champions. Un inequivocabile attestato di stima.
Dopo il successo al Friuli, la risposta di Montella sulla possibile conferma è stata mirata a quanto richiesto proprio dagli uomini di DiBenedetto. Cioè di tirar fuori il meglio da un gruppo vecchio, stanco e forse anche logoro: «Io sinceramente penso a preparare lallenamento del giorno dopo. Cè chi dice che se non porto la Roma in Europa posso continuare ad allenarla, se invece ci riesco diventa appetibile per qualche nome più blasonato: francamente non capisco, credo che il lavoro di un allenatore si giudichi non tanto sulla base dei risultati, quanto su quello che riesce a trasmettere alla squadra».
Montella sa quale è il pregio che tutti, dentro e fuori la Roma, gli riconoscono. Piace, soprattutto a chi lo segue da vicino quotidiamente, per il lavoro sul campo. Allenamenti diversi uno dallaltro, vari e anche variopinti, per le pettorine che fa indossare ai giocatori che, da ex compagni di squadra, si fidano senza fiatare. Oltre a esaminare gli errori al video, non solo quelli commessi in partita, analizza, quando può, quello che non va in allenamento. Cose normali, davanti allo schermo. Non, però, i dati che raccoglie su uno dei suoi computer e che gli arrivano da un sistema satellitare. Con il gps elite, utilizzato soprattutto in Inghilterra (Vincenzo lo ha scoperto quando era al Fulham), verifica lo stato di forma dei singoli. E un dispositivo simile a un cellulare da inserire nelle canottiere (si porta sulle spalle) e utile monitorare la qualità degli esercizi di dieci giocatori al giorno, misurando metri percorsi, velocità e accelerazioni.
E per questo che Montella non accetta di essere valutato solo per i risultati. Crede così tanto nei suoi sistemi. E nelle sue idee, chiare come le definisce e come sta mettendole in pratica, con un assetto in cui ogni interprete sa sempre cosa fare. Ma i risultati conteranno. E pesandoli bene, in 7 gare di campionato sono 14 i punti. La media di 2 a partita è quasi da scudetto. Di sicuro è da zona Champions. Vincenzo potrebbe essere arrivato tardi. Ma non è detto che debba andar via presto.