IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI) - Mettetevi una mano sulla coscienza. Se, comè probabile, non la trovate, usate le mani per togliervi la maglia della Roma. Guardatela un attimo prima di andare a casa: non ci crederete ma per tanti rappresenta qualcosa
E se non lavete capito finora probabilmente non lo capirete più, non solo perché il tempo è quasi finito ma perché ieri - non ci crederete - anche nel vuoto - nellassurdo di uno stadio vuoto - ne avevate un esempio davanti agli occhi. Più grande dei centomila col Parma, più grande del Maracanà pieno, più grande di quello che voi credete grande: chi cera ieri allo stadio ha fatto la storia e, veramente, non ha perso. Chi cera ieri allo stadio, e anche dopo la fine ha cantato, è da tutelare, da salvaguardare, da studiare, da amare. La proposta è una: invece di andare a vedere gli allenamenti dei giocatori (ma chissene frega) i calciatori andassero a trovare i tifosi. A casa, al lavoro, da qualche parte, così visto che ancora non lo avete capito, glielo potete chiedere che significa la Roma. Dimmi cosè? Lavete mai sentita? Ieri è stato un incubo, il punto più basso di una stagione orribile, peggio del 5-1 a Cagliari, peggio persino del Palermo laltro sabato.
Contro unInter in crisi (preoccupante per loro che hanno vinto solo 1-0) tutto è stato il peggio del peggio (anche le dichiarazioni di Montella al confronto delle quali quelle di Ranieri sullo Shakhtar risultano plausibili). Da Doni, che non fa una parata da lontano dai tempi che faceva il portiere volante da ragazzino, al signor Mirko Vucinic che ieri ha rifatto quello che aveva fatto col Palermo, e proprio con lInter in Supercoppa: ricordate quel retropassaggio a Pandev? Lì già cera tutta la nostra stagione. Era la prima partita, arrivavamo da Verona, dal Chievo, dai ventimila del Bentegodi e - non si sa come - siamo andati indietro. Il totale fa sempre e solo quei ventimila. Ma in uno stadio vuoto, cupo, triste. E finito un ciclo, di squadra, e un ciclo di una generazione e di unaltra ancora.
Il 2 settembre del 1979 lOlimpico fece registrare il record di incasso: 75.000 presenze circa, di cui 71.212 paganti, 291 milioni di lire. Che incontro era? Non Roma-Real Madrid, ma Roma-Ascoli. E non si giocava la Coppa dei Campioni (e chi laveva mai fatta, Rometta mia?) ma un girone eliminatorio di Coppa Italia. E non cera aria di scudetto, non cera aria di impresa, non era ancora arrivato Falcao. Cera "solo" la Roma che giocava. Cera amore.Ne sono rimasti ventimila. E ieri hanno avuto ragione soltanto loro. Proprio perché la squadra gli ha dato torto, le televisioni gli hanno dato torto, il Casms o, come Casms si chiama, gli dà torto ogni volta: perché cè qualcosa che sopravvive ai cicli, ai giocatori, alle squadre, alle mode e ai tempi che cambiano, alle tessere del tifoso, alle televisioni, ai gol mangiati a porta vuota, ai giocatori sbagliati, agli stadi vuoti.
E il sentimento di sentirsi tifosi della Roma. È quello che cera ieri. Ed è più enorme di tutto. Mettetevi una mano sulla coscienza e se non ce lavete sentite se vi batte qualcosa in petto. Quella è la maglia della Roma. Prendete il cuore e andateci a vincere a San Siro. Sarebbe meno incredibile di quello che è successo ieri: un amore del genere può rovesciare il mondo. Pensa uno 0-1.