Fenway Park, dove il bello è vivere da "Calzette Rosse"

15/04/2011 alle 11:49.

IL ROMANISTA (D. GIANNINI) - Un luogo di ritrovo per tutti i tifosi, per tutto l’arco della settimana e non solo in occasione delle partite, un punto di riferimento, una vera e propria casa. Sono più o meno questi i termini nei quali si è soliti parlare dei motivi (economici e non) per i quali vale la pena costruire un nuovo stadio, uno stadio di proprietà. Vista dall’Italia sembra una bella teoria



Basta vedere come i bostoniani vivono il loro stadio, il Fenway Park: un simbolo della à, una vera e propria casa di tutti, che tutti vogliono vivere, sentire propria. Basta vedere cosa è successo mercoledì nel tardo pomeriggio di una giornata metereologicamente inclemente con una pioggia battente durata dalla sera prima e che ha portato al rinvio della partita dei Red Sox programmata per le 19 contro i Tampa Bay Rays. La notizia dell’annullamento della sfida era nota a tutti fin dall’ora di pranzo, eppure all’imbrunire attorno al Fenway Park passeggiavano allegramente centinaia e centinaia di tifosi con cappellini, felpe, giubbetti, tutto rigorosamente coi due calzini rossi simbolo dei Red Sox. Perché la festa non è solo assistere alla partita. La festa è tutto quello che la circonda, anche se la partita non c’è. La festa è prendere il giornale dal distributore automatico fatto a forma di palla da Baseball, la festa è farsi una foto accanto alle statue dei giocatori mito della squadra poste davanti a uno degli ingressi. La festa è infilarsi dentro a uno dei tanti pub-bar attaccati allo stadio per bersi una birra, mangiare qualcosa e intanto vedersi in tv cosa hanno fatto le altre squadre. Il bello per i tifosi delle “Calzette Rosse” è vivere da Red Sox. E tutto è fatto per rendere facile una giornata così.



C’è un’autostrada che passa a 50 metri dal Fenway Park, ci sono migliaia di posti auto nei garage a due passi dagli ingressi. Tutto questo è praticamente solo per chi viene da fuori Boston, perché i bostoniani mica ci vanno in macchina. Si muovono tutti in metropolitana, con la fermata di Kenmore che è lì dietro l’angolo. Tutto è fatto per invogliare la gente ad andare allo stadio. E non è un caso se c’è praticamente sempre il tutto esaurito, tanto che i biglietti vengono acquistati a inizio stagione per non rischiare di rimanere senza, a meno di doversi rivolgere a qualche bagarino che ti spara cifre folli. La capienza? Quella ufficiale è di 37mila spettatori. Pochi? Non proprio se si pensa che Boston ha meno di un terzo degli abitanti di Roma. È come se all’Olimpico per ogni partita ci fossero 100mila spettatori. Roba da fantascienza di questi tempi. Quando si esce della fermata di Kenmore con i biglietti in mano si comincia subito a sentire l’atmosfera, gli stendardi sono lì a ricordarti tutti i successi della squadra, si cominciano a rivivere le gesta dei grandi giocatori che hanno calcato questo terreno di gioco.



Centodieci anni di storia del club, 100 dei quali vissuti in questi impianto storico. Inaugurato il 20 aprile del 1912 (tra un anno esatto festeggerà il primo secolo di vita) Fenway Park ha mantenuto quasi intatta la struttura dell’epoca e quel fascino retrò che lo rende speciale, anzi, come dicono loro “America most beloved ballpark”. Questo non vuol dire che sia rimasto quello di allora. O meglio, la struttura esterna è quella, ma è stato rimodernato tantissime volte, la prima nel 1934 dopo un incendio che lo distrusse (cosa comune per gli stadi dell’epoca che erano in buona parte fatti in legno). La prima partita ufficiale della storia del Fenway Park (qualche giorno prima c’era stata un’esibizione contro la formazione di Harvard) avvenne il 20 aprile del 1912, e fu un’inaugurazione travagliata perché per due giorni consecutivi la partita era stata rimandata per pioggia. Gli avversari di quel giorno erano i New York Highlanders, la stessa formazione che poi sarebbe diventata gli Yankees, i rivali di sempre. I Red Sox vinsero 7-6 all’undicesimo inning. Ma la notizia dell’evento non trovò adeguato spazio sui giornali dell’epoca perché le prime pagine di quei giorni erano interamente dedicate alla tragedia del Titanic che era affondato meno di una settimana prima.



Nel 1947 venne fatto l’impianto di illuminazione per le partite in notturna, e poi di anno in anno il club rimette ma-no all’impianto per renderlo più confortevole. Un impianto fatto per il baseball, che però in alcune rare occasioni ha ospitato anche il calcio. La più famosa delle quali risale all’8 luglio del 1968 quando sul diamante, trasformato per l’occasione in un campo rettangolare regolamentare, scese il Santos di Pelè che sconfisse 7-1 i Boston Beacons. Lo scorso anno invece (su youtubesi trovano le immagini) Fenway Park è stato riaperto al pallone per una esibizione tra Sporting Lisbona e Celtic di Glasgow. Inutile dire per chi facesse il tifo la gente sugli spalti visto il nome degli scozzesi così simile a quello dei Boston Celtics. Ma Fenway è soprattutto la terra del baseball. È qui che si sono raccontati 100 anni di questo sport, è qui che la gente viene a respirare la storia. È qui che i bostoniani vengono a divertirsi, a mangiare, comprare qualsiasi cosa abbia il simbolo delle calzette rosse. Lo fanno sempre, ogni giorno. Perché la casa dei Red Sox è anche casa loro. Anzi sono la stessa casa.