
CORSPORT (P. TORRI) - Il professor Giuseppe Vercelli è psicologo dello sport, insegna allUniversità di Torino ed è consulente della Juventus oltre che mentaltrainer delle nazionali azzurre di sci e canottaggio. Lo abbiamo sentito per cercare di capire cosa sia questo blocco che porta la Roma a buttare partite apparentemente vinte e, soprattutto, cosa si può fare per risolvere un problema che da troppi anni ha colpito la squadra giallorossa.
Professor Vercelli, la Roma soffre di paura di perdere o paura di vincere?
«La paura di perdere non è un problema, anzi è sana. Più problematica è la paura di vincere, si chiama nikefobia » .
E questo allora il problema della Roma?
« E possibile. Non è da escludere che in questo gruppo si sia instaurata la consapevolezza di non poter vincere. Una profezia inconscia che poi si autoavvera. Lo dico in termini generali perché ovviamente non conosco dallinterno la situazione della Roma».
E un problema dei singoli o del gruppo nel suo insieme?
« Possono essere entrambe le cose. Parlando si può capire quale sia la prevalente».
Come si fa a capirlo?
« Studiando e valutando lindice di coesione del gruppo. Se è elevato, allora si può lavorare con il gruppo stesso, se è basso si deve invece prendere in esame caso per caso con incontri singoli».
Come si deve lavorare in casi di questo genere?
«Un ruolo importante lo dovrebbe avere lallenatore. Parlando con i suoi giocatori e avendo come obiettivo quello di instaurare comportamente alternativi a quelli che hanno creato il problema».
Facile a dirsi, un po meno a farsi.
«Vero. Ma ci si può lavorare sapendo di poter raggiungere il risultato che ci si è prefissati».
Che dovrebbe fare, allora, un allenatore?
« Partire dagli errori. Cioè andando a recuperare gli elementi anticipatori della sconfitta. Magari con una semplice domanda: se si ripresentasse questa situazione, come ti comporteresti? Ragionando sulla risposta si può migliorare e ridimensionare il problema. Sarebbe importante lavorare per sostituire i pensieri negativi, facendo capire che gli errori si possono fare ma devono anche servire per poi non commetterli più».
Che tipo di motivazioni ci possono essere per spiegare questo problema della Roma?
«Possono essere tantissime. Le più banali possono essere una preparazione fisica non adeguata o lincapacità di mantenere la concentrazione per tutti i novanta minuti di una partita »
Secondo lei sarebbe opportuno che una squadra avesse uno psicologo dello sport?
« La mia risposta non può che essere positiva. Rimango stupito che sia ancora una così rara. Uno psicologo potrebbe essere daiuto allallenatore, senza però intaccare il ruolo di leader del tecnico».