Prof. Vercelli: "Il guaio può essere la paura di vincere"

01/03/2011 alle 09:17.

CORSPORT (P. TORRI) - Il professor Giusep­pe Vercelli è psicologo dello sport, insegna all’Università di Torino ed è consulente del­la Juventus oltre che mental­trainer delle nazionali azzur­re di sci e canottaggio. Lo ab­biamo sentito per cercare di capire cosa sia questo blocco che porta la Roma a buttare partite apparentemente vin­te e, soprattutto, cosa si può fare per risolvere un proble­ma che da troppi anni ha col­pito la squadra giallorossa.

Professor Vercelli, la Roma soffre di paura di perdere o paura di vincere?

«La paura di perdere non è un problema, anzi è sana. Più problematica è la paura di vincere, si chiama nikefobia » .

E’ questo allora il proble­ma della Roma?

« E’ possibile. Non è da escludere che in questo grup­po si sia instaurata la consa­pevolezza di non poter vince­re. Una profezia inconscia che poi si autoavvera. Lo dico in termini generali perché ovviamente non conosco dal­l’interno la situazione della Roma».

E’ un problema dei singoli o del gruppo nel suo insie­me?

« Possono essere entrambe le cose. Parlando si può capi­re quale sia la prevalente».

Come si fa a capirlo?

« Studiando e valutando l’indice di coesione del grup­po. Se è elevato, allora si può lavorare con il gruppo stesso, se è basso si deve invece prendere in esame caso per caso con incontri singoli».

Come si deve lavorare in casi di questo genere?

«Un ruolo importante lo do­vrebbe avere l’allenatore. Parlando con i suoi giocatori e avendo come obiettivo quello di instaurare compor­tamente alterna­tivi a quelli che hanno creato il problema».

Facile a dirsi, un po’ meno a farsi.

«Vero. Ma ci si può lavorare sa­pendo di poter raggiungere il risultato che ci si è prefissati».

Che dovrebbe fare, allora, un allenatore?

« Partire dagli errori. Cioè andando a recuperare gli ele­menti anticipatori della scon­fitta. Magari con una sempli­ce domanda: se si ripresen­tasse questa situazione, come ti comporteresti? Ragionando sulla risposta si può miglio­rare e ridimensionare il pro­blema. Sarebbe importante lavorare per sostituire i pen­sieri negativi, facendo capire che gli errori si possono fare ma devono anche servire per poi non commetterli più».

Che tipo di motivazioni ci possono essere per spiegare questo problema della Ro­ma?

«Possono essere tantissime. Le più banali possono essere una prepara­zione fisica non adeguata o l’incapacità di mantenere la concentrazio­ne per tutti i novanta minu­ti di una parti­ta »

Secondo lei sarebbe oppor­tuno che una squadra avesse uno psicologo dello sport?

« La mia risposta non può che essere positiva. Rimango stupito che sia ancora una co­sì rara. Uno psicologo potreb­be essere d’aiuto all’allenato­re, senza però intaccare il ruolo di leader del tecnico».