LA REPUBBLICA (B. FERRARA) - Lasciatela sventolare quella bandiera. La bonaccia è finita, il vento è teso: è tempo di correre fuori da uno spot che sembra una lussuosa prigione per fenomeni in pensione. Che poi va a finire che uno così lo associ a una connessione senza limiti scordandoti che quello senza limiti, invece, è proprio lui: Francesco Totti, il simbolo di Roma e d
Destino di gente così. Pochi o pochissimi. Quelli che poi ogni tanto si ribellano allacqua diuretica o alle imperdibili offerte di sms a prezzi stracciati per ricordare al mondo chi sono e quanto valgono ancora come inventori di prodezze e di gol. E va bene lo stesso se qualche crepa leggera si fa largo intorno agli occhi. Se dal giorno del tuo primo gol sono passati più di tre lustri e chissà quanti governi e quanti titoloni di giornali col tuo nome appiccicato sopra. Era il 4 settembre del 1994: Roma- Foggia, gol numero uno in serie A. Adesso le reti sono 201, racchiuse in 466 partite. Dice lui, subito dopo aver donato la maglia a Mutu (verrà messa allasta per beneficenza): «Sono fiero di quello che ho fatto e non mi fermo qui. Cosa mi manca ora prima di chiudere da calciatore? Non spetta a me dirlo. Tocca alla gente dire se ancora devo dimostrare altro. Questo è un giorno da ricordare. E pensare che un mese fa mi davano finito. Sul mio carro, chi vuole montare io lo porto. E' un carro parecchio grande. Il mio obiettivo è quello di superare il record di Roberto Baggio (205 reti ndr)».
Quindi un pensiero sul cambio in panchina: «Io non ho avuto nessun problema con Ranieri. Anzi, con lui ho sempre avuto un bellissimo rapporto. Purtroppo, quando le cose non vanno bene, il capro espiatorio è sempre l'allenatore. E così è stato. Ora con Montella abbiamo ritrovato i risultati e soprattutto i miei gol». E lo stesso Montella si gode lex compagno: «Totti sta giocando ad alti livelli, siamo contenti e ce lo godiamo. Lui può fare ancora cose incredibili ». Insomma, tutti continuano a disegnare un futuro intorno a questo dieci che non molla mai.
Tra lattesa fremente per lo sbarco americano, timide speranze Champions e leggeri segni di ribellione (in una intervista allEquipe Menez si sarebbe lamentato del nuovo tecnico), alla fine non resta che lui, leroe della porta accanto, quello fedele per sempre, il dieci che se provi a dubitare per un attimo la risposta arriva a stretto giro. Bastano due partite: 198, 199, 200, 201. Gol, non parole.Totti è fatto così.