«Adesso però battiamo la Lazio»

10/03/2011 alle 10:34.

IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - Ore 4:42 di ieri mattina. A Donetsk fa freddo, la temperatura sfiora i dieci gradi sotto zero. In un piccolo e caratteristico albergo a pochi passi dal centro, con i tetti a punta pieni di neve e le lucine che fanno molto atmosfera natalizia, c’è silenzio. Tutti dormono, solo un giovane portiere tiene la lampada accesa. Entrano due ragazzi, non parlano. Sono infreddoliti, ma sotto la giacca uno di loro ha una maglietta a maniche corte. C’è scritto: “Io odio la Lazio”. Si fermano a bere una vodka, parlottano tra di loro, hanno un solo pensiero: «Vincere il derby».


E’ questo il chiodo fisso dei tifosi romanisti nella notte ucraina. Usciti dallo stadio ben oltre mezzanotte, si sono rifugiati nelle poche birrerie aperte in à. Dopo i naturali commenti nei confronti delle bellezze locali presenti, l’argomento è stato soltanto uno: battere la Lazio domenica. «
E’ l’unico modo – spiegava qualcuno – pe’ salva’ sta stagione». La realtà, in fondo, è questa. E’ per questo che, nonostante la delusione per l’eliminazione e la figuraccia europea, i romanisti non perdono la carica. Per le critiche (soprattutto ai giocatori) ci sarà tempo. Adesso bisogna davvero ritrovare la voglia di stringersi un po’, se da qualche parte è rimasta. In campo almeno, visto che tra i tifosi non è mai mancata. Basti pensare che tutti quelli che sono andati a Donetsk senza albergo, solo col volo prenotato, hanno trovato ospitalità da altri romanisti conosciuti sul posto. All’hotel Central, ad esempio, raccontano di quattro ragazzi insieme in un letto matrimoniale: «Sì, ma – precisa uno di loro – io ho dormito per terra, senza cuscino». Per la Roma questo ed altro: «Solo per la maglia, scrivi così. Perché lo facciamo solo per questo. ‘Sti giocatori non se meritano niente. Adesso vedessero di vincere il derby, è l’unico modo che hanno per riscattarsi. Questo scudetto se poteva vince in carrozza (testuale, ndr) e pure in potevamo andare avanti». A parlare così è tale Andrea. Gli chiediamo di poter scrivere il cognome, accetta: «Datteri. Io non ho problemi a dire le cose come stanno». La mattinata, gelida ma con un cielo soleggiato e limpidissimo, a Donetsk corre veloce. Ci sono charter e voli di linea, con scali annessi, da prendere per tornare a casa. Un paio di giorni e poi si ricomincia. L’aeroporto della à dei minatori è piccolo e piuttosto vecchio. Non ci sono negozi, c’è un piccolo bar, i taxi sono macchine surreali guidate da personaggi d’altri tempi. In fila, al controllo passaporti, c’è silenzio. Non il rumore colorato di lunedì, quando erano ottimismo e fiducia a farla da padroni. Qualcuno cerca i giornali italiani (impossibile trovarli) qualcun altro guarda su Internet le notizie, c’è chi dorme per terra, lo zaino come cuscino, in attesa dell’imbarco. All’improvviso parte un coro contro la Lazio. Aderiscono tutti. E’ questo il messaggio che deve arrivare forte e chiaro a Trigoria.