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IL ROMANISTA (B. DE VECCHI) - Diciassette giorni, due settimane e mezzo, quattro partite, una stagione. Mentre (parte) del mondo romanista discute sul grado di dignità dei calciatori capaci di rinascere allimprovviso (o in alcni casi addirittura di materiali
Domenica cè il Parma e ci rista persino Montella con Totti. Manca Batistuta (Di Vaio labbiamo appena incontrato) e magari finisce 3-1. Non si tratta di vincere il tricolore ma di prendersi la seconda urgente necessaria obbligata vittoria consecutiva per continuare a stare lì, a un passo e mezzo dal quarto posto. La Lazio va a Cagliari, magari deve restituire il favore (involontario certo, involontario per carità) fatto lanno scorso da Cellino ai laziali sullorlo naturale della serie B. Vincere è un obbligo persino morale nei confronti dei tifosi per tutto quello che hanno visto e, soprattutto, per tutto quello che non hanno visto dare dai giocatori. Vincere è importante per andare a Lecce, unaltra squadra che porta un nome che è impresso forte nella nostra storia. Vincere è sempre troppo poco per cancellarlo. Quel giorno cè pure Lazio-Palermo, un mezzo scontro diretto. Vincere è fondamentale anche per andare poi là. Vedersela.Giocarsela. Riprovare veramente a volare. Donetsk, Shakhtar, in un posto che una volta era solo di minatori adesso di una squadra che un paio danni fa ha vinto in Europa, che è arrivata nel giron-gironcino sopra lArsenal sempreverde di Wenger, lArsenal di Hornby che ha battuto proprio lo stesso giorno della rovina romanista allOlimpico 2-1 il Barcellona.
Vuoi vedere che Ranieri caveva quasi ragione a dire che sti ucraini valgono il Barcellona? Ovviamente no. O fosse pure sì, due gol in più di loro lì, si possono e si debbono provare a fare. A quel punto sì che la stagione sarebbe rivoltata unaltra volta. Prima della passerella con la Laazio.