CORSPORT (R. MAIDA) - Mai lo Shakhtar Donetsk era arrivato negli ottavi di Champions League. E mai aveva vinto una partita in Italia: le aveva perse tutte tranne una, su otto tentativi, senza peraltro evitare l'eliminazione. La Roma di questi tempi ha cambiato la storia del calcio ucraino. Ma non era un'impresa così impensabile. I risultati e la crescita dello Shakhtar (ora sono 34 vittorie nelle ultime 37 partite!) avevano dato buone sensazioni a Mircea Lucescu, nonostante i due mesi di pausa invernale che potevano raffreddare i muscoli
FESTA- In sala stampa Lucescu è accolto da un applauso dei giornalisti ucraini. Forse nemmeno loro, come i tantissimi tifosi dello Shakhtar arrivati all'Olimpico, pensavano di banchettare con questa tranquillità. Ma lui frena l'entusiasmo: «Sono orgoglioso di aver costruito una squadra così competitiva. E' anche merito mio se siamo a questo punto. Ma non è ancora finita, c'è il ritorno di Donetsk. Non voglio nemmeno pensare che i giocatori si sentano già qualificati. La Roma è imprevedibile: può fare grandi risultati e perdere, a seconda della serata. Magari fra tre settimane cimetterà in grave difficoltà. Sarà difficile per noi, avremo bisogno della spinta del nostro pubblico» .
CRITICA- A proposito di ambiente, Lucescu è rimasto sorpreso della contestazione dell'Olimpico: «E' difficile capire cosa stia succedendo da voi. La Roma ha dato tutto, ha giocato e corso, specialmente dopo l'intervallo. Totti ha giocato la migliore partita di quelle che ho visto in dvd di recente. Nel complesso mi è sembrata una squadra in salute. A un certo punto ho temuto che riuscisse a ribaltare il risultato, per fortuna siamo stati bravi a tenere. Perché tutti quei fischi? Non era mica facile giocare contro lo Shakhtar. Venivamo da un girone vinto in cui eravamo arrivati davanti all'Arsenal. E Ranieri lo sapeva benissimo. Con un ambiente così, sarebbe difficile per chiunque essere sereno. E infatti ho visto molto nervosismo tra i loro giocatori». Anche questo era previsto, vero? «Me lo aspettavo...». E se ne va, con un pezzo di Europa nascosto sotto la giacca. Grigia come la Roma.