IL ROMANISTA - Respinto. Dice solo questo il comunicato stampa della Corte di Giustizia Federale in merito al ricorso della Roma per la squalifica di due giornate a Mexes. Neanche una spiegazione, solo una parola. Per non spiegare quello che spiegabile non è. Perché è vero che Philippe ha sbagliato. Lo ha ammesso lui stesso, in pubblico e in privato. Ma è anche vero che una squalifica così difficilmente si infligge a un giocatore che in campo non viene espulso. E per cui non cè neanche prova televisiva. Cè il referto del quarto uomo, piuttosto dettagliato e duro nei confronti del giocatore.
Il quale ieri ha ritenuto «eccessiva» la squalifica. «Come al solito», ha aggiunto Mexes. Già, come al solito. Perché quando cè di mezzo la Roma il pugno di ferro si usa sempre. «Il giocatore è recidivo, non potevamo fare diversamente», sussurra qualcuno a via Allegri. Questo non si può negare: Philippe a volte si lascia prendere dallira.
Al tempo stesso però non si può negare che in altre situazioni, e per altri giocatori, sia utilizzato un metro di giudizio diverso. Ad esempio: le quattro giornate di squalifica a Chivu per il pugno a Rossi? Sono le stesse avute da Totti per il calcio dato a Balotelli in finale di Coppa Italia. Eppure nessun politico ha commentato la cosa, come invece avvenne per il Capitano giallorosso. Così come nessun politico ha espresso giudizi sul calcio in pieno petto rifilato dal laziale Hernanes a Benzema mercoledì scorso in Francia-Brasile: era unamichevole (ma forse a lui non lavevano spiegato) e lintervento poteva avere conseguenze gravissime.
Eppure cè stato il silenzio completo. Chissà perché, viene da pensare che se lavesse fatto Mexes, pure lui presente allo Stade de France, se ne starebbe ancora parlando