Preziosi: «Ho sfiorato la Roma»

03/01/2011 alle 09:38.

IL MESSAGGERO (U. TRANI) - Enrico Preziosi, passato il Natale e il Capodanno a Rio, risponde al telefono e ha di fronte l’Oceano. E’ a Copacabana, rilassato e come al solito intraprendente. «Ma sono qui in vacanza, come il mio amico Adriano».

«Con Claudio ci siamo sentiti al telefono, per gli auguri e per fare due chiacchiere. Ci vedremo in tribuna a Marassi giovedì», dice, ricordando l’appuntamento obbligato con Lotito. «Niente operazioni con lui: ne riparleremo a giugno». Potrebbe siglarne una, subito, con la Sensi. «Per ora con lei non ho fatto affari, ma aspettiamo la fine di questa sessione per vedere se stavolta ci riusciamo». S’interrompe. «Come vede, con me si discute solo di calcio. Sono conosciuto per quello e non perché imprenditore di un’azienda che ha un nome da trentadue anni. Il pallone è la sfera emotiva, ma il mio mestiere resta l’altro». E allora partiamo da quello: proprio la Giochi ha fatto sì che lei fosse accostato alla Roma. Conferma? «Sì. C’è stato un pour parler. Perché Unicredit, attraverso il Fondo Clessidra, ha una partecipazione nella mia azienda, il dieci per cento. Non me la sono sentita, però». Perché ha rinunciato? «Troppo impegnativo per me. Non ho il tempo. Fare il presidente della Roma è come essere la quarta carica dello Stato. E in più avevo un impegno con i tifosi genoani che non volevo tradire». Anche perché, dovendo scegliere, avrebbe puntato sul che è stato rilanciato invece da De Laurentiis. Solo una questione di tifo? «E’ così. Io ho pianto di gioia per il di Maradona, per i due scudetti. Ci provai in passato, senza riuscirci. Ormai è tardi, devo consolidare il progetto che ho con il . E sono felice per come lo sta portando ai vertici De Laurentiis. Non provo invidia, però. Non mi accade mai. Anzi chiedo sempre il risultato della squadra partenopea e mi fa piacere quando vince. Il è la religione che ho abbracciato da ragazzo, non si può fare il paragone con le altre. A prescindere se sia secondo, quarto o a metà classifica». Torniamo al e a Lotito. Dica la verità: è stato il presidente della Lazio a suggerirle Ballardini? «No. Era tra i pochi tecnici disponibili. L’uomo giusto per il nostro momento delicato. Ha riportato serenità». Restando a Lotito: non è che il feeling tra voi si è un po’ guastato quando ha preso Boateng, obiettivo della Lazio, per poi girarlo al Milan? «Assolutamente, i rapporti sono ottimi. Un anno fa, proprio a gennaio, gli ho ceduto Biava e Floccari, acquisti apprezzati dalla piazza biancoceleste. Ora non abbiamo bisogno uno dell’altro, cioè nè lui di miei giocatori nè io dei suoi. Ci sentiamo lo stesso, anche se oggi non ci sono trattative in ballo. Domani, chissà. E su Boateng sa benissimo come andarono le cose. Nessuna frizione».

Già, Boateng: lo riprenderà o lo lascerà al Milan? «Con Galliani ne abbiamo discusso in questi giorni. può finire al Milan già entro la fine di gennaio. Paloschi è metà rossonero e ci piace. Poi ne abbiamo altri in compartecipazione: Amelia, Strasser e Zigoni». E’ vero che cederà Toni per abbassare il monte ingaggi? «Spendiamo molto per gli stipendi e vogliamo puntare, guardando al futuro, sui giovani. Ma da Toni mi aspetto un grande girone di ritorno: quindi non penso che andrà via. I giornali hanno montato una polemica tra me e lui che non esiste. Comunque aspettiamo. Martedì sarò di nuovo in Italia». I giornali, per la verità, hanno solo riportato il voto che ha dato a Toni per i primi quattro mesi della stagione: perché quel 3?