Il provincialismo del laziale, questione d’origine

19/01/2011 alle 11:16.

IL ROMANISTA (P. MARCACCI) - Il laziale è emblematico. Di cosa? Di se stesso, nel senso che in ogni modalità comportamentale esibita in pubblico, i tifosi di fede biancoceleste riconfermano tutti i cliché che conosciamo da una vita, quando ci tocca parlare di loro. E a noi romanisti, fondamentalmente, tocccherebbe poco, parlarne: solo nelle occasioni in cui è il calendario a metterceli di fronte.

Il fatto è che ritualmente, immancabilmente, irrinunciabilmente sono loro a parlare di noi, in modo tale da stimolarci di quando in quando a "scendere" sull’argomento. Sia che siano (incidentalmente e per una somma di demeriti altrui) vicino alla vetta come adesso, sia che rischino seriamente di sprofondare nel baratro (poi capitano partite come Cagliari-Lazio dello scorso anno e allora trovano i punti necessari), è sempre la Roma il loro primo pensiero.

Emblematico, tanto per tornare al termine in questione, è il comportamento da loro esibito dopo le ultime due giornate di campionato: ultima del girone di ritorno, Roma sconfitta a Marassi come ben sappiamo e Lazio annichilita in casa dal Lecce di De Canio: invece di pensare a leccarsi le ferite per l’inaspettata caduta casalinga, hanno occupato il tempo a spargere sale sulle nostre, prendendo in giro Juan per gli svarioni e motteggiando le nostre velleità di primato. Prima del girone di ritorno, vince la Roma a Cesena e la Lazio batte la Samp con un goal del tenente Kozac. In entrambe le segnature, si è parlato di sospetti fuorigioco, con la differenza che quello del tenente appare chiaro come le piume sul collo di Olimpia mentre la posizione di Adriano è da vedere e rivedere.

Bene, che ti combinano i podisti d’oltretevere? Al solito, hanno cominciato sin dalla sera di domenica a denunciare i favoritismi (!) di cui secondo loro beneficia la Roma in questo torneo (Russo di Nola, chi era costui?) senza volgersi, neppure per un attimo, a considerare le questioni loro. Attenzione però, più che un pregiudizio antiromanista li anima un’attitudine molto più inconscia ed incontrollabile, quasi una pulsione, quello cioè di sentirsi romanisti mancati.

Nati prima ma senza aver colto quella che poteva essere (e che lì a loro disposizione) l’essenza calcistica della à, rinunciando persino al nome, scegliendo il nome di una regione, non a caso fatta di province. E chi parla sempre degli altri, ovviamente per invidia e frustrazione, cos’altro è, se non un provinciale?