LA STAMPA (M. ANSALDO) - Esattamente due mesi fa, il 12 novembre, Claudio Ranieri disse che, costretto a buttare dalla torre uno tra Totti e Del Piero, avrebbe scelto di gettare il capitano della Juve. Ci saremmo stupiti del contrario, il calcio trabocca di uomini di grande coerenza quando cè da baciare lultima maglia. Tuttavia, dopo quanto è successo a Genova
Lo stratega del Testaccio ha confermato un proprio limite già mostrato nella Juve: alla seconda stagione sbraca e non riesce a gestire le personalità importanti della squadra. Raccontano che Totti, ieri a Montecarlo per affari suoi, sia letteralmente imbufalito non soltanto per il gesto ma per la spiegazione data a fine partita. «Il mio è stato un segno di rispetto nei suoi confronti - ha rivelato lallenatore -. Gli ho detto: vai e vedi se riesci a salvarci con una giocata delle tue». Sono surrealità che in bocca a Liedholm facevano sorridere, in bocca a Ranieri suonano come una presa in giro e invogliano ai peggiori istinti.
Il problema però è più generale. E giusto che un allenatore e una società usino guanti bianchi e un particolare rispetto nei confronti di un giocatore diventato un simbolo oppure la logica dello sport e i notevoli patrimoni accumulati nella carriera da quei calciatori giustificano che li si tratti come gli altri quando il rendimento scema? Sono i dubbi che accomunano la storia di Totti nella Roma di Ranieri a quella di Del Piero negli ultimi sei anni con la Juve. Con Lippi e con Ancelotti, Alex era stato intoccabile, persino quando stava riprendendosi faticosamente da un infortunio devastante. Cominciò a metterlo in discussione Capello, che lo teneva spesso fuori dicendo «Mi ringrazierà perché gli allungo la carriera». Poi venne il sor Ranieri che, con leleganza testaccina dimostrata a Genova, disse di Alex che «se in campo deve andare chi ha un nome allora chiamo Boniperti». Infine è arrivato Del Neri, da sempre propugnatore dellegualitarismo. Con lui Del Piero gioca sempre meno dallinizio, a Napoli gli è stato preferito Amauri che non ne azzecca una da un anno e mezzo e quando, contro il Parma, la Juve si è trovata con un uomo in meno la scelta su chi doveva uscire è ricaduta su di lui. «Non ci speravo» ha detto il capitano, che ormai sceglie lironia.
Tutto è perfettamente legittimo e siamo dellidea che un grande campione, se non vuole rattristarsi nel tramonto, dovrebbe imitare Boniperti e Platini: a 32 anni, con ancora parecchio da dare al calcio, appesero le scarpe al chiodo. Alex di anni ne ha compiuti 36, Totti 34. Ma il problema resta in piedi: se non sono più i fenomeni di qualche stagione fa li si può trattare come gli altri o meritano un riguardo particolare per ciò che rappresentano e hanno dato? Come minimo hanno diritto alla chiarezza. Le frasi fatte, le finte iperboli, lostentazione di un rapporto perfetto diventano insopportabilmente insultanti quando le parole contraddicono i fatti. Sono pugnalate alle spalle e in questo la situazione di Totti è peggiore di quella di Del Piero: si capisce benissimo che gli elogi fuori luogo sono solo il modo in cui Ranieri cerca di non trovarsi troppa gente arrabbiata sotto casa, sapendo che a fine stagione lui farà le valigie mentre il capitano ha un contratto ancora lungo, oneroso e inspiegabile con la Roma .
Sarebbe molto più limpido e onesto affrontare la realtà e ammettere che ci si può dividere anche da quei giocatori simbolo che non servono più, come ha fatto Raùl con il Real Madrid. Adesso lo spagnolo gioca nello Schalke 04 e nessuno ne ha fatto un dramma. Attendiamo di vedere cosa farà la Juve ora che scade il contratto con Del Piero. La speranza è che in entrambe le parti prevalga la voglia di chiarezza e si infranga lequivoco che ci sembra si trascini da un po. Niente è più triste dellimpressione di un campione sopportato.




