IL MESSAGGERO (P. LIGUORI) - Si è scritto spesso di un campionato senza padroni, aperto a tutte le soluzioni. Purtroppo, in un anno che poteva essere giusto, anche la Roma è senza padroni. E i problemi cominciano a farsi sentire. Non sappiamo giudicare quanto sia grave che gli screzi di spogliatoio o dallenamento si manifestino pubblicamente, in coincidenza di errori in campo. Possiamo soltanto fare appello alla passione per i colori
Hanno ragione a prescindere. Per i commentatori, soprattutto ostili, non è così. Ogni cosa può essere un pretesto per mettere in discussione la leadership romanista. Per noi, le cose stanno allopposto. E, speriamo, anche per Ranieri. Le recenti polemiche sui nervosismi dei giocatori giallorossi romani di nascita ci fanno sorridere e ci confermano nella certezza, tanto più salda quanto più incerti sono i tempi e gli assetti proprietari. Se nella Roma discutono un romano-romanista da sempre e un altro qualsiasi giocatore acquisito noi non abbiamo dubbi su quale è la nostra parte. In assenza di una proprietà solida e certa, ci restano la maglia e le bandiere.
Preferiamo sbagliare con i soliti noti, che avere ragione assieme ad estranei. Non serve essere lumbard per capire concetti tanto elementari, basta essere romanisti. E tanto più potrebbe essere vero se il futuro ci riservasse una proprietà anche solida economicamente, ma dalla fede e dalla nazionalità incerte. Che conoscano la Roma a partire dai capitani e dalla fede incrollabile dei tifosi. Detto questo, ci serve una vittoria netta col Bari, senza tentennamenti. Sono necessari tre punti di cristallo per andare a Milano e cavalcare il desiderio di tornare nel giro grande.




