Tante storie, con De Falchi nel cuore

15/12/2010 alle 11:06.

IL ROMANISTA (M. IZZI) - Trasferte a Milano? Un film, nel vero senso della parola, a cominciare dal “Colpo gobbo a Milano”, dei fratelli Vanzina del 1994, che vede la scombinata avventura di un gruppo di romani di “Monte Mario” che sbarca nella città del panettone prendendo alloggio nella pensione “Roma” per realizzare un improbabile “colpo”. Talmente improbabile che il buon Ricky Memphis, alias Enzo, sentenzia: «A me me fa paura pure annà a Milano, lì perdemo sempre».

 

La partita in oggetto s’ispirava probabilmente al Milan–Roma del 5 aprile 1959, anche gli autori si erano prese alcune licenze poetiche (non arbitrò il signor Baralla di Livorno ma Annoscia di Bari, il cui nome, evidentemente non aveva l’incedere imperioso, e non c’era Bernardin, che pure nella stagione 1959/60 avrebbe militato nella Roma come centromediano). Passiamo ad un ricordo legato agli Anni 30 e precisamente alla trasferta del 25 settembre 1932. Dopo un ciclo positivo allo Stadio San Siro, la Roma in quella giornata conobbe una sconfitta sfortunata capitolando per 2-1. Il capitombolo maturato come abbiamo detto in maniera rocambolesca fece perdere le staffe anche al “Dottor” che, udite, udite venne espulso dal signor Turbiani di Ferrara. La motivazione dell’espulsione a dire il vero era ineccepibile. Fulvio era stato travolto dal rosso-nero Kossovel ed era rimasto esamine a terra. Dopo essersi rianimato e aver recuperato l’equilibrio necessario si era messo ad inseguire Kossovel restituendogli lo spintone. Nonostante la scena alla “Ridolini” alla fine della giornata, tra i tifosi romanisti e quelle del diavolo si era consumato un banchetto riconciliatore … sarebbe bello che la cosa si ripetesse, magari a risultato invertito. Abbiamo voluto iniziare questo ricordo delle trasferte milanesi con un sorriso, e proseguire con una nota prettamente "storica", ma purtroppo, a Milano si sono consumati anche momenti di tragedia che sono legati alla memoria di ciascun tifoso della Roma e certamente di tutti coloro che amano il calcio e aborriscono ogni forma di violenza. Ci riferiamo, naturalmente alla tragica morte di Antonio De Falchi, assassinato mente si apprestava a raggiungere lo stadio. Era il 4 giugno 1989, quando Antonio, diciannovenne, dopo aver acquistato il biglietto, si recava al cancello 16 per fare il suo ingresso a San Siro. Una trentina di teppisti lo assaltano e lo pestano selvaggiamente. Quando la notizia arrivò in tribuna Gaetano Giuffré, meglio conosciuto come “Maracanà” reagì come ebbe modo di raccontare nelle pagine del libro “Forza Roma daje Lupi”: «Un signore in giacca e cravatta, alle mie spalle, saputa la notizia dell’annullamento dell’esposizione di una coppa vinta dal Milan, arrabbiatissimo disse: “Eh, per un c...o di marocchino che è morto non ci fanno vedere la coppa”. Quella fu l’unica volta che persi il lume della ragione, presi quel signore per la cravatta e cercai di tirarlo giù, con un amico che mi teneva il braccio. Gli dissi: “(…) Ma che gli insegni a tuo figlio che sta magari nella Curva?

Ad ammazzare le persone”. L’amico mi convinse ad andarmene e mi misi su uno scalino da una parte, con le mani che mi tremavano. Quando ebbi l’occasione di parlare con l’ingegner Viola, gli dissi: “Presidente, mi deve scusare, purtroppo ho perso la calma, stavo dietro di lei, avevo avuto il biglietto, ho sbagliato”. “Si, hai sbagliato due volte” … “Purtroppo lo volevo menare …”. “E’ lì che hai sbagliato la seconda volta: non lo hai fatto!”». Oltre questo episodio, il ricordo di Antonio è sempre vivo nel cuore di ognuno di noi.