IL ROMANISTA (P. FRANCHI) - Non sarà una risposta definitiva, ci mancherebbe: come suol dirsi, il campionato è ancora lungo. Ma domani sera, più o meno al momento di andare a cena, sapremo se la Roma può davvero continuare a nutrire ambizioni da quartieri alti, molto alti, o deve rassegnarsi a un campionato senza gloria. Perché è inutile nascondercelo.
IL ROMANISTA (P. FRANCHI) -
Non sarà una risposta definitiva, ci mancherebbe: come suol dirsi, il campionato è ancora lungo. Ma domani sera, più o meno al momento di andare a cena, sapremo se la Roma può davvero continuare a nutrire ambizioni da quartieri alti, molto alti, o deve rassegnarsi a un campionato senza gloria. Perché è inutile nascondercelo. Una squadra che lontano dallOlimpico continuasse a marciare a ritmi da zona retrocessione lontano non va. Sul come e il perché fuori casa la Roma sia incapace di imporre qualcosa di simile al suo gioco se ne sentono e se ne leggono tante. Come tutti, anchio ho le mie opinioni, ma le tengo rigorosamente per me: non serve aggiungere chiacchiera a chiacchiera, possiamo solo incrociare le dita, ricorrere alle nostre piccole, personali magie (nel mio caso, soprattutto un paio di boxer a righine bianche e rosse da utilizzare solo nei momenti topici), e sostenere i nostri ragazzi. Sperando che, problemi societari, tecnici e tattici a parte, riescano a cacciarsi una volta per tutte in testa di essere un gruppo, e un gruppo molto forte, grosso modo lo stesso che nel campionato scorso proprio non sapeva, in casa e in trasferta, che cosa fosse la paura. A loro, e a Ranieri, chiediamo solo di giocare come sanno e possono fare, e cioè, in una parola, per vincere. Cose letteralmente disdicevoli come il secondo tempo a Palermo non le vogliamo vedere più. Punto e basta. Comunque, questo fine settimana, per lo meno, si gioca (se è per questo, demenza delle demenze, si gioca pure lunedì).
Il prossimo, probabilmente no.Perché, come è noto, se non verrà raggiunto un qualche accordo in extremis, i calciatori sciopereranno. Non i metalmeccanici, non i precari che, anche volendolo, ricattati come sono proprio non potrebbero: i calciatori. Cioè, leggiamo e sentiamo dire in tv da (quasi) tutti, un manipolo di giovanotti gaudenti e strapagati, degli arcimilionari (in euro) il cui lavoro, oltretutto, consiste nel giocare, e quindi, in ultima analisi, nel divertirsi. Vergogna, vergogna, e ancora vergogna. Lo confesso, fatico a unirmi a questo coro assordante. E evidente che cè qualcosa di paradossale, e pure di surreale, in uno sciopero di giovani paperoni, soprattutto di questi tempi. Ma, a parte il fatto che, per ogni superstar coperta doro cè una quantità di calciatori professionisti che coperti doro non sono, che in questa vertenza non centrano gli stipendi e i premi, ma i diritti, che società e presidenti hanno responsabilità grandi come montagne per questo stato di cose, cè qualcosa di intollerabile nel piagnisteo sui tifosi che sarebbero le vere vittime della protesta. Lasciateli stare, per piacere, i tifosi. Dopo averli rappresentati solo come un problema dordine pubblico, dopo aver fatto, e con successo, tutto quanto potevate per tenerli lontani dagli stadi, evitate, per lo meno, di utilizzarli come alibi. Il sistema calcio rischia di venir giù come un castello di carte? Vero. Allora, però, si tratta, sempre che se ne sia capaci, di riformarlo. E di ridimensionarlo drasticamente: contratti milionari, assunzioni a pioggia e trasferimenti coatti compresi, si capisce. Se il più paradossale degli scioperi servisse a mettere a fuoco il problema vero, persino i più paradossali degli scioperanti meriterebbero, magari loro malgrado, non i fischi, ma la solidarietà dei tifosi.




