La pay-tv e la Tessera, tra il Nou Camp e un Lazio-Catania

01/12/2010 alle 11:10.

IL ROMANISTA (P. MARCACCI) - Perdonate la similitudine, che vuole solo essere efficace e non certo irrispettosa, ma è stato come per uno che muore di fame e che si trova a passare davanti al forno da cui proviene l’odore del pane caldo. Così, più o meno, si è sentito chi scrive, immagino non da solo, nell’assitere a Barcellona-Real Madrid, il Superclassico non della Liga spagnola ma del pianeta. Forse perché come tifoso, fruitore, oggi commentatore del calcio italiano, è da un po’ di tempo, troppo, che mi sento

 

A un’ora e quaranta di volo da Fiumicino, è possibile assistere a novanta minuti durante i quali i muscoli servono solo ad assecondare il pallone, che regna sovrano, non il contrario. Qualcuno, già mi pare di sentirlo, potrebbe obiettare che da quelle parti gli spazi sono più larghi e c’è meno attenzione tattica: posso usare un’espressione romanesca efficacissima e un po’ volgarotta, Direttore? E allora ’sti cazzi! Vivaddio, se ancora c’è un posto nel mondo (più d’uno in verità, ma tutti concettualmente lontani da noi) dove vale la pena sacrificare qualche metro di campo in nome di qualche goal in più. Che poi, a proposito di tattica, ne esiste forse una migliore di quella che comincia con la crescita di tanti ragazzini ai quali si insegnano prima i fondamentali e dopo la crescita atletica, e che culmina, guarda caso, con la Coppa Del Mondo? Coccola, il pallone, accarezzalo, fallo star bene e lui ti ricambierà come nemmeno immagini; sembrano i dettami di un maestro, mai troppo rimpianto, che da noi fece vedere il calcio più bello che si ricordi, quando l’estetica ancora non aveva perso il predominio sull’intensità: sembrano passati millenni, dai tempi di Nils Liedholm.

 

Ma al di là dell’indulgenza alla nostalgia, è bello vedere ed invidiare un posto del mondo dove gli arroganti, quelli programmati per vincere, nati primi della classe e come tali da sempre considerati, a volte possono pure "pija’ la sveja", e mamma mia quanto sonora; seconda espressione romanesca, Direttore. Pardon. Il fatto è che mi sono entusiasmato, per il joystick di Iniesta e per il radar di Xavi, potete anche invertire i termini; per le gradinate piene e felici, e ancor di più comode; per una serata che per i bambini catalani è un premio e non qualcosa da negare per giustificata paura; perché dove lo stadio è bello la Pay-tv gli fa solo da cornice, non gli uccide gli introiti.

 

Però tranquilli, lo stato di grazia m’è durato poco: ho subito riflettuto sui nostri pomeriggi, o serate gelide, dove un Lazio-Catania 1-1 vale il secondo posto e dove la residua, sempre più rara voglia di mobilitarsi per il calcio dal vivo trova la strada sbarrata da un muro del pianto che si chiama Tessera del tifoso. Beati quelli là, che con la Tessera vanno allo stadio tutti insieme, non a discapito di qualcun altro.