IL ROMANISTA (D. GALLI) - Se Abbiati non ci fosse arrivato, se quella palla avesse varcato il confine tra immaginazione e realtà, se da lassù qualcuno lo avesse amato un po di più, laggiù si sarebbero dovuti arrendere. Tutti. Addetti ai lavori, tifosi del Milan, tifosi della Roma. Pure la palla. Altro che da cineteca, sarebbe stato un gol modello Totti-a-Genova. Avete pr
Luci a San Siro? Sì, sulla Roma. E su Daniele. Dicevano che era fuori forma, dicevano che aveva bisogno di fermarsi. Una litania. Un disco rotto. Una cretinata. Anzi, più di una. Perché Roma è fatta così. È una città che si ubriaca di chiacchiericcio. Che parla troppo, che a volte sparla, poi riguarda le immagini, si pente e si ricrede. O la ami o la odi. De Rossi ha scelto di amarla dalla nascita, di prenderla per comè. Ma certo che dopo una prestazione come quella esposta nella vetrina più in, quella alla Scala del calcio, a Daniele potrebbe anche venire voglia di fare le valigie. Di dire: sai che cè? il mio contratto scade nel 2012, cedetemi. Invece no. Invece De Rossi resta. Cè. È una delle cose belle della vita, mica solo della Roma. È uno stemma in campo, unicona. Ma pure un uomo. Un uomo vero. Viene erroneamente ritenuto solo un centrocampista. Milano docet: Daniele è un po di tutto. È un podi difesa, quando ti si getta alle calcagna fino a quando non ti strappa via la sfera, lo stinco o entrambi. Èun po di centrocampo, quando si piazza là in mezzo a smistare gioco. È un po di attacco, quando la meta campo la varca per distribuire assist. Come quello per Borriello - ma che magia... - nel secondo tempo di Milano: pallonetto calibrato per Marco (Super? Forse sì, ma Delvecchio resta Delvecchio), che però viene stoppato da Nesta al momento di battere a rete.
De Rossi è una delle migliori espressioni di questi colori perché è un esempio positivo. Dentro al campo, ma pure fuori. "Spiacere è il mio piacere io amo essere odiato", cantava Guccini. Con tutti i distinguo del caso, perché Daniele può essere contestato ma odiato mai, "Cirano" De Rossi dice quello che pensa. Sempre, e pur sapendo di spiacere. Serve qualcuno che tiri fuori gli attributi, serve una voce critica sulla tessera del tifoso, però nessuno sespone? E chi chiamerai? Chiamerai DeRossi. Che se era capitano a Milano, se è il vice di Totti, non è per caso. È il leader della Roma assieme a Francesco, perché ci mette la faccia. Proprio come il suo Capitano.Quando dopo San Siro sbotta e difende Doni, parla per il gruppo. Lui può. Lui è la risposta alla domanda che ti poni quando in un bambino sboccia la ragione: papà, cosa vuol dire essere della Roma? Ecco figlio, guarda De Rossi.