Nel nome della rosa e della Roma

15/11/2010 alle 09:06.

IL ROMANISTA (V. META) - Sceglietela voi l’immagine migliore: le pizze che si sono date in testa i giocatori dopo i gol alla Fiorentina, oppure l’abbraccio di praticamente tutti ad Adriano (che non giocava) dopo il gol al derby o i compagni che sono andati a trattenere Mexes - abbracciandoselo - mentre usciva piangendo dal campo di Brescia. Sceglietela voi l’immagine migliore, se vi serve, se non avete creduto alle parole di Ranieri che ha sempre professato una cosa da quando è venuto a Roma: «In tanti anni di carriera un gruppo così unito non l’ho mai visto»

 

La stagione è tornata a girare quando le cosiddette seconde linee si sono fatte vedere, quando i primattori hanno fatto i primattori, cioè quando tutti effettivamente hanno fatto quello che potevano e volevano, quando sono stati importanti. Tutti. La bravura di Ranieri è che a questa cosa ci ha sempre creduto: Ranieri passa per l’allenatore che ha messo in panchina o che lo ha sostituito e contemporaneamente per quello che ha paura di toglierlo. Ranieri è quello che si sentirebbe l’obbligo di mettere Borriello e insieme quello che lo mette in panchina con la . Si potrebbe continuare con quasi ogni giocatore. Il senso è un altro, ed è chiaro: la capacità, si direbbe quasi la democrazia con la quale Ranieri ha gestito la sua rosa. Petalo dopo petalo, sfogliandola, magari sospirando e aspettando ma arrivando a una bellissima corrispondenza d’amorosi sensi. Il paradigma di tutto questo discorso ha il nome e il cognome di Leandro Greco. E quello di Fabio Simplicio, dato per scomparso, classificato come oggetto misterioso, e oggi volto (pure lui) felice di questa Roma. O ancora quello di Adriano in panchina che sorride e non pensa nemmeno lontanamente a rifiutare la prossima chance. Il concetto è uno e ancora più chiaro: quest’anno la Roma ha una rosa all’altezza. Il merito che si è ripreso Ranieri è quello di essere riuscito a gestire le possibilità che ha. Le famose - e magari inizialmente affanose - ricerche del modulo hanno questa spiegazione. Ci vogliono esempi e numeri, non commenti tanto è netta la situazione.

La Roma, soltanto in campionato, ha fatto giocare già venticinque diversi calciatori: 25. Nel derby, cioè nella partita delle partite, la Roma ha giocato e meritatamente stravinto senza avere tra i titolari Juan, Pizarro, Taddei, oltre a squalificato. La Roma, male che va, ha costantemente in panchina Adriano, cioè quello che per molti è stato il colpo di mercato (oltre a essere l’ultimo capocannoniere del campionato brasiliano) l’attaccante della nazionale Under 21, un paio di centrocampista tra Simplicio, Brighi, Perrotta e Greco (considerando titolari e Pizarro) e un centrale che può essere Burdisso o Mexes o Juan. Pure il terzo fino a un anno fa era tra i più considerati della serie A, il vice di Julio Cesar della Selecao: Doni. La grandissima Inter di Moratti ieri giocava con Obi e in panchina aveva Nwankwo, Castellazzi, Biabiany. Nella Supercoppa contro di noi ci dovete aggiungere Mariga e Materazzi. Insomma, l’importanza di avere una grande rosa e la capacità di farla sbocciare. Forse la chiosa più bella l’ha fatto Damiano Tommasi che ieri ha fatto visita al suo amico Vincenzo Montella in occasione del derby dei Giovanissimi Nazionali (stravinto pure quello: 3-1). «La Roma è partita con qualche difficoltà, ma credo proprio che le abbia superate e poi credo un’altra cosa - ha detto Tommasi a Il Romanista - che dal periodo difficile la Roma tutta sia uscita rafforzata specialmente dal punto di vista dei rapporti tra la squadra e l’allenatore. Di Ranieri si sa che è un bravo allenatore, e adesso la sua panchina è ancora più forte». Significative anche le parole su Greco: «La sua esplosione? Questa non è un’esplosione di Greco, io ero sicuro che una volta trovato spazio avrebbe dimostrato le sue qualità. Io sto a Verona e vi posso assicurare che a Verona lo rimpiangono, lo conoscono bene, ha lasciato comunque un gran ricordo. E’ giusto che giochi. Per me è tutto tranne che una sorpresa. E poi è importante che cresca in una squadra così forte come la Roma. Perché la Roma è forte». E vincerà.