LA STAMPA (L. ANSALDO) - Ci sono due tipi di pareggio. Quello scialbo che abbiamo visto mercoledì a Brescia e quello robusto e intenso che ha portato all'1-1 con la Roma: evidentemente la Juve, come capita a chi non si è ancora costruito un'anima certa, ha bisogno di avversari che l'obblighino a dare il meglio e che non le lascino il compito di inventare la partita
Il risultato di Torino forse castra i sogni di entrambe nè ci indica chi avrà un futuro migliore , resta però l'impressione di una partita non banale, con scampoli di lontane rivalità, compreso il nervosismo, gli accenni di rissa e le provocazioni come quella di Totti dopo il rigore del pareggio. Ancora una mimica a sproposito del capitano nervoso.
La Juve è uscita meglio alla distanza. Per un'ora invece ha consegnato il gioco alla Roma. Scientemente. Si capiva che non era, come nei primi 20' contro il Milan, una scelta forzata dalla pressione degli avversari: questa volta i bianconeri stavano in otto nei 40 metri davanti a Storari e puntavano alle praterie che la Roma, sbilanciandosi con troppo spazio tra i reparti, lasciava nella propria metà campo. Non era un atteggiamento da grande squadra ma bisogna fare con quello che si ha e Del Neri aveva una squadra inferiore a Ranieri per qualità tecniche e di palleggio. Totti, Vucinic, Menez ma anche Simplicio: a menare la danza c'era l'abilità di gente che scambia a meraviglia, sulle fasce l'apporto offensivo di Riise e Cassetti era costante. Meglio coprirsi con una difesa molto concentrata e ripartire, questo era il progetto juventino che funzionava discretamente.
La Roma manteneva il possesso della palla, si affollava in avanti ma arrivava al tiro soltanto con Menez all'11, una conclusione bellissima a girare su cui volava Storari. La Juve procedeva invece per fiondate verticali con terminale Iaquinta da cui si tenevano troppo distanti Burdisso e Mexes. Inutile citare gli assenti ma se ci fosse stato il Krasic delle prime giornate (anche se Pepe inventava una bella prova), non crediamo che Ranieri avrebbe disposto con tanta leggerezza la difesa e allestito un filtro insufficiente a centrocampo. Comunque l'ex udinese non faceva danni perchè sbagliava il controllo (8', lanciato da Quagliarella verso Julio Sergio) o non arrivava alla deviazione.
Rendere complicate le cose facili e semplificare quelle complicate: c'è gente che ci riesce e Iaquinta è tra questi. Al 35' azzeccava una girata al volo da manuale su un cross di Aquilani, bello, intelligente ma più difficile da domare di tanti assist precedenti. Gol bellissimo che Ranieri salutava con epiteti sconosciuti dai milord: aveva ragione a prendersela con i suoi difensori dalla marcatura lassa. Il vantaggio bianconero non cambiava il copione.
La Roma cercava gli scambi insistiti e frenetici, la Juve il contropiede ragionato. I giallorossi invocavano il rigore per un'entrata di Chiellini su Mexes e probabilmente ci stava. Ma siamo convinti che l'infelice Rizzoli, nel dubbio di aver sbagliato, si sia fatto confondere sul penalty dell'1-1. Quando Totti batteva la punizione toccata col braccio da Pepe si era al 2' di recupero mentre era stato indicato 1'. La Juve protestava, Totti si manteneva freddo spiazzando Storari: ottima l'esecuzione, pessima la sceneggiata da provocatore che l'età non gli ha insegnato a evitare. Ne nasceva una mezza rissa con Storari, il ditino sotto il naso a zittire la curva è una sciocchezza da ragazzini di borgata. Forse Totti fiuta che Ranieri non lo considera intoccabile, come si è visto quando ha buttato in campo finalmente una prima punta, Borriello. Era una ripresa nervosa. La Roma congelava la palla ma la Juve spingeva di più, mancava un gol con Marchisio impacciato sotto porta e chiudeva il match con tre punte vere in campo: i pugni di Julio Sergio infrangevano il sogno di Quagliarella di segnare un gol impossibile dei suoi con un tiro al volo da 30 metri.