IL ROMANISTA (P. MARCACCI) - Abbiamo ancora negli occhi le immagini di quella che sarà ricordata come una serata epica, una notte che non trova paragoni neppure nelle notti di sogni e Coppe dei Campioni di quella cavalcata che portò alla finale del trenta maggio, senza scrivere lanno perché quella non è più cronaca e nemmeno storia: è entrata di diritto nella metafisica, anche pe
Ma oltre che averla ancora negli occhi, la serata labbiamo anche nelle orecchie: ci perdoni il sontuoso Jerry, ma gli assist più belli son venuti dalla Sud. La curva non è stata solo trascinante dal momento in cui, pronti via per il secondo tempo, il francese se nè andato sotto il naso di Van Gaal per recapitare il pacco dono dell1-2 a Borriello; la curva ha fatto sentire la sua presenza soprattutto e a cominciare da quei due momenti nerissimi di partita, nei quali chiunque ha pensato che altro non fossero che definitivi: "Roma!" ha rimbombato, ha ruggito lo stadio infreddolito per ognuno dei due goal di Gomez, che proprio lì sotto sembrava aver liquidato la questione, la serata, la nostra Champions.
Eppure il pubblico era lì, come un parente irragionevole al capezzale di un malato dalle condizioni irreversibili. Nonostante tutto. E se la Roma ha rovesciato il destino, se ha ritrovato se stessa dopo un quarto dora di occhi negli occhi, è stato innanzitutto per la sua gente, per leco della speranza che veniva da là sopra; là sotto Borriello avrebbe scritto, quasi subito, il primo capitolo della storia vera, che una volta tanto ha sostituito quella apparente.
Fino a quel rigore stavolta tutto nostro, senza i Pirlo che delegano e i Lippi che esultano. Curva di passione e stadio come un abbraccio: a descriverlo così, sembra si stia parlando di un tutto esaurito, delle cosiddette "grandi occasioni" che i botteghini non conoscono quasi più; invece era solo la carica dei quarantamila, come ha paradossalmente titolato il nostro quotidiano alla vigilia: non fa nulla, stavolta; evidentemente lOlimpico, grazie alla sua curva, è riuscito ad andare persino oltre le sue assenze, cantando anche per chi non cera. E chi non cera, statene certi, stavolta ha rimpianto tutto: pure il traffico delirante, i parcheggiatori-strozzini, lumidità del Tevere. Una serata così fortemente simbolica, perché non dovrebbe essere anche il simbolo di uninversione di tendenza?Contro la Tessera del tifoso, sempre; ma oltre la tessera cè la Roma: un valore assoluto che lidiozia dei burocrati potrà solo tentare di ostacolare, mai impedire. E sarebbe un altro tre a due, in rimonta.