Dal «Mi ha esonerato perché mi voleva bene? Pensa se mi voleva male» al «Ve state ad attacca’ ar fumo della pipa»: le frasi celebri del Sor Claudio

18/11/2010 alle 10:23.

IL ROMANISTA (M. MACEDONIO) - «I tifosi romanisti? Li state a fa’ gode’ come ricci…». E’ il Claudio Ranieri dell’ultimo dopo-derby. Quello che arriva in sala stampa e lo vedi subito che ha voglia di togliersi qualche sassolino. Del resto, tre sfide vinte su tre giocate con i biancocelesti, non ammettono repliche («Anche se non alleno per vincere il derby, ma per migliorare la squadra», aggiunge). A chi gli chiede conto di presunti torti arbitrali ai danni della Lazio: «Ve state ad attacca’ ar fumo della pipa» risponde il tecnico di San Saba. E al cronista che gli confessa di essere di fede laziale, sibila, mimando con le mani: «Ce l’hai scritto in fronte. Nun serve esse’ Silvan!».



Fa il romano, l’ultimo Ranieri. Più di quanto lo abbia mai fatto in passato. Anche se le battute pungenti, di chi la sa lunga, non se l’è mai fatte mancare. Almeno in numero pari a quelle, spesso di scherno gratuito, subìte altrove. Da Mourinho, ad esempio, che lo definiva «un “settantenne” che aveva impiegato cinque anni per imparare a dire “good afternoon” ». Ma a livello del quale, Ranieri, ha preferito non scendere mai, limitandosi

a dire «non ho bisogno di vincere per essere sicuro di quello che faccio». Sarcasmo puro, invece, nella schermaglia con l’ad della , Blanc: «Mi ha esonerato perché mi voleva bene? Pensa se mi voleva male…». O in quella, più recente, con il
bianconero, Marotta: «Si vede che è stato ben introdotto allo stile


». Non si salva nemmeno il ministro della Difesa, e tifoso interista, La Russa, che aveva criticato l’impegno con cui il Siena, già retrocesso, aveva affrontato i nerazzurri nell’ultima dello scorso campionato: «Forse era abituato all’impegno della Lazio» la risposta del tecnico giallorosso. Che a Batistuta, dopo una


partita, disse: «Ma l’anno scorso, mi avevi mandato tuo fratello?». 

Di sicuro, il Ranieri di quest’anno sembra sempre più lontano da quello che avevamo conosciuto negli anni passati. O meglio, è un Ranieri che fa emergere l’altra sua faccia, tenuta troppo a lungo nascosta. Mimetizzata sotto quell’aplomb, molto “british”, che si era costruito all’estero, a Londra come in Spagna, e che ora lascia il posto all’altro lato del suo carattere. Quello più genuino e sanguigno, com’era suo padre, Mario, titolare di una delle più rinomate macellerie di Testaccio. Quello di chi, appena arrivato a Roma, dice, quasi liberandosi: «Essere romano e romanista mi aiuta. Con e siamo entrati in sintonia subito. Ci capiamo al volo». Di tutti e due ripeterà spesso che sono «i pilastri della Roma». E che «è importante che dentro lo spogliatoio ci siano due come loro». La stessa sintonia che gli permette, nel derby dello scorso aprile, di gridare: «Quei tre là davanti o gli strillo qualcosa, o gli strillo qualcosa...». E a , nell’intervallo: «Checco, va’ a farti la doccia». E a : «Daniè, nun te la senti, vé...?». E poi magari lo vinci, il derby. Perché di certo c’è che Ranieri, checché se ne dica, non guarda in faccia a nessuno. E va avanti per la sua strada. Senza tanti giri di parole. O retropensieri.

 

Una volta disse: «Non c’è peggior sordo di quello che non sente». Provate a dirgli che non è vero.