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Auguri Verdone «I miei 60 anni di corsa fra Rocca e Batistuta»

17/11/2010 alle 08:59.

GASPORT (A. CATAPANO) - L’Ivano di Viaggi di nozze direbbe che Carlo Verdone « sta’ a cerca’ de individua’ ’o stadio... ». «Perché all’Olimpico, lo ammetto, manco da un po’: colpa del lavoro, e pure della Roma, che mi aveva depresso. Ma a dicembre ci torno, promesso. La squadra ha ricominciato a camminare, e poi io devo dare l’esempio ai tifosi, avete visto che tristezza l’Olimpico semivuoto?

Carlo Verdone compie 60 anni, ma è possibile?

«In effetti sembra incredibile anche a me. Da quando ho cominciato a lavorare, il tempo è volato, scandito dai film: ne scrivi uno, lo giri, lo produci, lo distribuisci, e un anno è volato via. Per fortuna mi sono goduto la giovinezza».

Vogliamo partire da lì, dai meravigliosi anni Cinquanta?

«Sì, perché Roma era una bellissima à in bianco e nero che si rialzava dalla guerra e aspettava il boom economico. Aveva eleganza, poesia, dignità, non era ancora sfregiata. Mi ricordo il suono delle rondini. Sa quando sentivo i clacson delle macchine? Solo il giorno del derby».

Il primo all’Olimpico se lo ricorda?

«Nel ’59, con mio padre. Ricordo i giocatori, mai visti tanto vicini. L’atmosfera che si respirava, le battute dei tifosi. E l’Olimpico così marmoreo, quant’era bello. Ora è tutto così orrendo e violento: lo stadio, il gioco, l’atmosfera. Come li rimpiango quei tempi».

I suoi idoli, allora?

«Losi, Panetti, Pestrin, Menichelli, Piedone Manfredini e Lojacono, che bombe tirava».

E dopo?

«Come tutti quelli della mia generazione, ho sognato con la Roma di Liedholm e Falcao, Di Bartolomei e Conti. Però di quella squadra vorrei citare uno che purtroppo non ne fece parte: Francesco Rocca, era il più grande di tutti. Lo scudetto al quale sono più legato è quello del 2001: conquistato dall’ingaggio di Batistuta, passai la stagione allo stadio».

La Roma di oggi deve entusiasmarla meno...

«Che delusione all’inizio, però ora ha ripreso a marciare, e noto che è diventata più operaia, con le geometrie semplici ma chiare. Mi piace Menez, il fuoriclassino lo chiamo io, quel ragazzo ha tutto per diventare un fenomeno. E poi è il campionato è scadente, magari esce qualcosa di buono pure per noi».

Perché il calcio è praticamente assente dai suoi film, se non per la scena finale di Viaggi di nozze, in cui Ivano palleggia da solo in salotto?

«Proprio per la solitudine che trasmette quella scena: cosa c’è di più triste che palleggiare da solo con il caminetto, abbandonato da tua moglie? Una cosa tremenda, come il calcio: senza uno straccio di poesia, solo business. Non è uno sport cinematografico»