Quando a Milano preferiscono Totti e Bossi

02/10/2010 alle 11:38.

IL ROMANISTA (P. MARCACCI) - Maurizio, quarantacinque anni, di Milano, animo sensibile, incline all’arte. Non è l’annuncio per un’agenzia che sistema i cuori solitari, è l’amico di Milano che ho conosciuto questa estate durante un viaggio nel profondo nord, quello si profondo davvero, intorno al cinquantanovesimo parallelo, dove se i norvegesi avessero tempo e ore di luce per dedicarsi alle stupidaggini potrebbero fondarla sì, una Lega Nord, o anche vichinga, con inoppugnabili ragioni geografiche.

Fu Maurizio, conosciuto appena, a scherzare per primo sulle diatribe Roma-Milano, sui battibecchi tra i nostri infinitesimali nord e sud da stivale mediterraneo e soprattutto fu lui a ricordarmi, mentre si attraversava un fiabesco fiordo da duecento e passa chilometri, una frase di Luciano De Crescenzo in "Così parlò Bellavista": si è sempre meridionali di qualcun altro. Frase apparentemente leggera, in realtà filosoficamente profondissima, se si escludono gli orsi bianchi e le foche.

Maurizio era reduce da un viaggio a Roma, dove in particolare l’aveva lasciato a bocca aperta lo spettacolo del Colosseo illuminato a giorno, durante un week end di luglio trascorso nella nostra à, uno di quei fine settimana in cui noi troviamo l’aria irrespirabile e fuggiamo a Fregene e che invece la sua comitiva proveniente da Milano spese girando a piedi per un centro storico che "Mamma mia che meraviglia, non finisce mai..." e per un pranzo nei dintorni del Ghetto, dove certi carciofi pastellati gli erano rimasti più nel cuore che nel fegato, bontà sua.

Parlando di Bossi, ma solo per qualche minuto, Maurizio, milanista ortodosso, mi fece capire il sincero fastidio che una moltitudine di settentrionali prova nell’essere accomunata, anche solo per provenienza, a quello che nel settentrione sembra essere diventato il pensiero dominante (ci perdoni la buonanima di Leopardi per l’accostamento). Sembra, mi assicurava Maurizio, specificando che si tratta ancora di minoranza, ancora per poco forse, ma quel che è certo rumorosissima.

Una cosa mi fu subito chiara: le uscite leghiste, la volgarità dei capi carismatici, i loro insulti reiterati mancano di rispetto, ancor prima che a noi romani, a tutti quei cittadini italiani che vivono al nord e che per forza di cose, magari anche perché non si pronunciano con la stessa forza e lo stesso folclore becero dei leghisti, si vedono accomunati al carro, anzi Carroccio. C’erano malinconia ed amarezza nella voce sua e di sua moglie, quando gli toccava parlare di questo argomento, che in verità fui io a tirar fuori. Non vedeva l’ora di tornare a parlare di Roma e a chiedermi qualche dritta su quegli scorci di à che gli erano sfuggiti. E avreste dovuto sentirlo quando parlava di e di quanto l’avrebbe voluto al Milan. Gli consigliai di tornare in ottobre: pensandoci col senno di poi, se dovesse seguire il mio consiglio eviterà di incrociare l’orda di leghisti, solitamente assenteisti, scesi dalli valli a votare la fiducia al governo. Avrebbero rovinato il soggiorno, a Maurizio il milanese.