Non c'è Roma senza Menez

02/10/2010 alle 11:24.

CORSPORT (P. TORRI) - E’ un diamante.Lo dice, Claudio Ranieri, quando parla di Jeremy Menez con una convinzione e ripetitività al di sopra di ogni sospetto. Un diamante è per sempre, sembra davvero un’investitura definitiva nei confronti del ragazzo cresciuto nellebanlieuparigine, panchinaro fisso o quasi nella passata stagione, titolare fisso o qua­si nell’inizio di questa in cui Ranieri, quan­do deve scegliere gli uomini d’attacco, ha una varietà di soluzioni che più di qualche collega gli invidia. Per esempio domani, a Napoli, mancherà solo Adriano, che potrà essere disponibile per la gara con il Genoa.

PREDESTINATO -Tornando al francese, potrà sembrare strano leggendo i nomi della ro­sa romanista, ma è Menez il giocatore che può dare una svolta verso l’alto, se non al­tro perché l’unico tra gli attaccanti che può consentire a Ranieri di affidarsi al 4- 4- 2 prediletto, uomo di raccordo delegato a for­nire i palloni agli attaccanti. La carriera del francese non può che legittimare il ruolo di predestinato. In Francia ha il record del giocatore più giovane che ha firmato un contratto professionistico, un curriculum nelle giovanili da numero uno, il più giova­nead aver realizzato una tripletta nella Li­gue 1, diciassette anni e otto mesi, 22 gen­naio 2005, vestiva la maglia del Sochaux, tre gol nella porta del Bordeaux, con il va­lore aggiunto di averli realizzati nel minimo spazio di 7 minuti. Qualcuno all’epoca lo pa­ragonò a Cassano, non solo per i piedi ma­gici, ma anche per una testa che in qualche occasione era difficile da comprendere e giustificare.

MATURATO -E’ arrivato nell’ultimo anno di Luciano Spalletti, ancora troppo giovane per inserirsi in una squadra che giocava a memoria, ha incontrato difficoltà il secondo anno con Ranieri, consapevole da subito delle qualità del francese, ma giustamente non disponibile a concedere crediti a scato­la chiusa, al punto da alzare la voce nel ten­tativo di far capire al giocatore che il talen­to se non è assecondato da serietà e ubbi­dienza tattica, è un talento destinato a ri­manere soltanto una parola vuota. Menez ha capito ed è cambiato, come ragazzo e co­me calciatore. Nei suoi primi tempi romani, è stato accusato di non ridere mai, di esse­re un corpo estraneo alla squadra, di non riuscire ad ambientarsi. Tutti problemi che adesso sembrano definitivamente superati, al ritmo del rap francese che è la colonna sonora del ragazzo dellebanlieu,la musica come fedele compagna delle sue giornate, l’integrazione in un gruppo che non gli ha mai chiuso la porta in faccia, l’inserimento in una à e tra i romani sempre più pro­fondo, tanto è vero che il del­la squadra, Salvatore Scaglia, ormai lo con­sidera«un romano come Mexes». lo considera un campione, così come tutti gli altri, ormai fa parte del gruppo storico del­la squadra giallorossa, è una presenza fissa, per esempio, per le partite a carte che occu­pano gran parte del tempo nei ritiri, al tavo­lo anche il capitano, Mexes, Cassetti, Riise,Okaka.

OBIETTIVO -Per chiudere il cerchio della sua maturazione, ora deve ritrovare il gol. Che da quando è sbarcato nel nostro calcio, è stato più l’eccezione che conferma la rego­la piuttosto che la consuetudine, solo otto le reti realizzate con la Roma, cinque in cam­pionato (quattro il primo anno, uno la pas­sata stagione), tre in Europa.«Mi manca il gol, voglio tornare a segnare il prima possi­bile »dice ai suoi amici. Domani la Roma giocherà a una partita che può voler dire molto nell’economia del campionato giallorosso. Quale migliore occasione per dare ragione a Ranieri sino in fondo?