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IL GIORNALE (F. ORDINE) - Quando il gioco si fa duro, anche gli improbabili duri diventano saggi e concreti. E così Cesare Prandelli, fedele al motto col quale inaugurò il proprio ciclo («prima il gioco poi il risultato») in Nazionale, è già pronto a correggere la rotta. Così volando verso Belfast e lo snodo decisivo del girone di qualificazione europea (due sfide chiave in quattro giorni contro Irlanda del Nord e poi Serbia a Genova), può
Ammettiamolo: sarebbe un problema per la qualificazione e anche una beffa atroce per i suoi propositi futuri, un colpo duro alla credibilità della missione lunga appena 100 giorni. Nonostante le assenze eccellenti (in cima alla lista naturalmente Buffon seguito da molti altri, Balotelli lultimo della serie) e la mancanza di nuovi talenti da scovare e battezzare in azzurro. Non ci sono - ecco il vero, unico vantaggio di Prandelli rispetto al suo predecessore Lippi - convocazioni discutibili capaci di rinfocolare un dibattito polemico: persino talune scelte, come il giovane Viviano in porta preferito allincerto Sirigu, oppure il centravanti Borriello mandato in avanscoperta rispetto a Pazzini da utilizzare martedì a Genova, sono accompagnate dal consenso preventivo di critica e addetti ai lavori. Anche la presenza, nel trio di centrocampo, di Mauri al fianco della sacra coppia (De Rossi-Pirlo, il braccio e la mente) è vissuta come un premio legittimo al primato della Lazio e unocchiata inevitabile alle novità del campionato.
Lunico punto sul quale è bene mettersi daccordo è sul disegno tattico: con Pepe dietro Cassano e Borriello è bene non parlare di 4-3-3 classico. Lo juventino, utilizzato anche a sinistra da Delneri per fare spazio al ciclone Krasic, può aiutare la compagnia a rendere più resistente il centrocampo, preso di petto dagli irlandesi che nel loro stadio-trappola possono finire oltre alle due sentinelle laterali, Cassani e Criscito, anche il centravanti, Borriello e il portiere Viviano. Si giocano il futuro oltre che il presente, avendo dalla loro letà e la fiducia del ct che non ha mai fatto mistero del credito riservato al giovane portiere del Bologna, di scuola fiorentina, passato dal Brescia a maturare e a imporre il proprio talento. «Nel ruolo di portiere sono in tanti a fare bene ma ho la sensazione che Viviano, per personalità e partecipazione, ora abbia qualcosa più degli altri» è lo spot con cui Prandelli ha accompagnato il giovanotto a indossare la maglia di Gigi Buffon, «il Maradona dei portieri» la definizione azzeccata dellinteressato. «Lombra di Gigi non è un peso» la prima confessione di Viviano pronto a giurare sullottimo rapporto con Sirigu, lescluso dopo qualche gaffe commessa contro lEstonia, a Tallin.
«Spero di segnare io» è lunico sospiro sfuggito a Marco Borriello prima di sbarcare a Belfast e scoprire che dopo qualche ritaglio di azzurro, 5 presenze, è ancora a quota zero con i gol, la lacuna più vistosa. Spera di segnare, Borriello. Lo spera anche Prandelli. Ne ha bisogno la Nazionale.