
IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - «Dividevamo un letto matrimoniale in una stanzetta a Catanzaro. Lui da una parte, io dallaltra. Ascoltavamo i Beatles e Barry White sognando la Roma. Quella vera, quella dei grandi. Speravamo tutti e due di tornarci un giorno. Lui ce lha fatta ed è la sua vittoria più grande». A parlare è Roberto Vichi e "lui" è Claudio Ranieri. Amici «da una vita»
Il vostro rapporto nasce più di quarantanni fa.
«Detto così mi sento proprio vecchio (ride, ndr). Comunque sì, sono entrato nella Roma a nove anni, nel 1963, e lì ho avuto lopportunità di conoscerlo, anche se lui è più grande di me di qualche anno. Ho fatto tutte le giovanili con la maglia giallorossa, senza però esordire in Serie A visto che sono andato a Catanzaro a 19 anni. E con me cera Claudio».
Che ricordi ha dei tempi della Primavera?
«Fantastici. Ero il capitano di una squadra dove cerano dei talenti assoluti, come Rocca, Di Bartolomei e Conti. Abbiamo vinto due scudetti e tre Coppe Italia, eravamo una squadra composta da qualche fuoriclasse e alcuni buoni giocatori. Ma, soprattutto, eravamo tutti amici di borgata». Lei era il libero. «Sì. Oggi non ce ne sono più».
Continua a vedere quelli che erano i suoi compagni di squadra?
«Almeno una volta allanno facciamo una cena e ricordiamo quel periodo. Sa qual era il nostro segreto?».
Prego.
«Noi ci divertivamo davvero tanto. Volevamo tutti diventare dei campioni, o perlomeno lo speravamo. Ovviamente cera chi aveva più possibilità e chi no, ma non perdevamo mai di vista il fatto che fosse un divertimento. Oggi vedo dei ragazzini che a 17 anni hanno già degli atteggiamenti da calciatori navigati».
Un aggettivo per Conti?
«Fortissimo, uno dei migliori che abbia mai visto».
Di Bartolomei?
«Un fenomeno, già a dieci anni».
Rocca?
«Era ed è una persona di grande cuore».
E Ranieri?
«Claudio.... E Claudio...».
Nella Roma non avete mai giocato insieme.
«No, lui arrivò dal Dodicesimo giallorosso, che si allenava e giocava al Campo Roma (sede della Romulea ) e di conseguenza era solito fare da sparring- partner alla Roma De Martino, che era la squadra del campionato riserve. Lì ogni tanto ci ritrovavamo: lui riserva della prima squadra e io libero della Primavera. Il rapporto però si è intensificato quando noi due, e Pellegrini, siamo stati mandati a Catanzaro».
In Calabria vivevate insieme.
«Sì, cerano due stanze in casa. In una dormivano Arbitrio e Nemo, e nellaltra noi due, nel letto matrimoniale. Questa vita è durata tre anni, perché io poi sono andato via».
Come passavate le serate?
«Pensavamo a fare i giocatori, eravamo molto seri (ride ancora, ndr). Eravamo arrivati a un punto della nostra carriera dove dovevamo fare il salto di qualità e quindi ci comportavamo correttamente. Il lunedì era libero e, se il tempo ce lo consentiva, andavamo al mare. Altrimenti rimanevamo a casa o tornavamo a Roma, anche per sole 24 ore. Ascoltavamo spesso i Long playing (testuale, ndr) dei Beatles o di Barry White e parlavamo di tutto».
Quali erano i vostri sogni?
«Sognavamo spesso la Roma, perché entrambi eravamo tifosi. Volevamo quella dei grandi e lui ce lha fatta. Dopo anni è tornato finalmente a casa».
E con le ragazze come andava?
«A dir la verità non me lo ricordo bene... Diciamo che io ero fidanzato con una ragazza di Roma e lui, proprio in quegli anni, incontrò Rosanna che sarebbe diventata sua moglie ».
Non vi è mai rimasto il rimpianto di non aver "sfondato" con la Roma?
«No, perché come giocatori né io né lui probabilmente eravamo così forti... Per la Roma ci volevano, e ci vogliono tuttora, i campioni ».
Siete quindi entrambi soddisfatti.
«Assolutamente, anche se lui, a differenza mia, ha avuto anche una strepitosa carriera da allenatore».
Voi andate sempre in vacanza insieme.
«Sì, anche questestate siamo andati in Grecia. Siamo un gruppo di dieci amici. Anzi, di dieci fratelli».
Cosa ha provato quando gli ha detto che avrebbe allenato la Roma?
«Sono stato uno dei primi a saperlo. E a sperarlo. Allenare questa squadra era il massimo per lui».
Quanto gli è bruciato lo scudetto sfumato?
«Tanto, come a tutti. Però poi, a mente fredda, ha prevalso la soddisfazione di un campionato così bello, in cui il pubblico e la squadra sono stati tuttuno. Quando sono andato allo stadio ho visto tante famiglie, come non succedeva da tempo. Si è riscoperto, grazie a Ranieri e ai suoi giocatori, un grande senso di romanità».
Si mormora spesso che il rapporto tra lallenatore e lo spogliatoio non sia così saldo.
«Non è vero. Chi parla di screzi con Totti o altri giocatori è solo invidioso. Per quanto ne so io il rapporto è splendido, tanto che una volta Claudio mi ha detto: "Mai avuto un gruppo così". I risultati poi lhanno confermato ».
Questanno invece...
«So dove vuole arrivare. La squadra è partita male, ci sono stati dei momenti di nervosismo, ma è normale. Vi assicuro che a Trigoria si rema tutti dalla stessa parte. Credo che una volta recuperati tutti gli infortunati, la Roma tornerà ad essere quella che conosciamo ».
Oggi è il compleanno di Ranieri: lo chiamerà
«Certo»
Cosa gli augurerà?
«Come uomo, di mantenere la stessa serenità che ha adesso, come allenatore spero che possa diventare per la Roma quello che Ferguson è per il Manchester. Essere tra dieci anni ancora allOlimpico sarebbe il regalo più bello».
A proposito di Ferguson: si dice che Ranieri non ami i giovani, al contrario del tecnico del Manchester. «Terry, quando era al Chelsea, lha lanciato lui, idem Marchisio alla Juve. Nella Roma cè Okaka, ad esempio, con cui Claudio lavora tutti i giorni».
Un tratto del Ranieri privato?
«Compagnone non lo è mai stato, però posso assicurare che quando siamo tra noi ci divertiamo molto. E un ragazzo (dice proprio così, ndr) umile e semplice, con cui insieme si sta davvero bene».
Lei adesso fa losservatore della Juventus. Pensa mai di tornare alla Roma?
«A Torino mi ha portato Claudio, tre anni fa. Adesso mi trovo bene lì. Per ora non cè possibilità di tornare alla Roma, però sa, nel cuore sono sempre romanista