"Venti" di passione al Rigamonti

23/09/2010 alle 10:30.

IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - Come si può chiamare se non amore quella cosa che fa alzare dieci persone all’alba, le fa mettere in viaggio per Brescia di mercoledì e le fa tornare a Roma 24 ore dopo? Come si può chiamare se non amore quella cosa che fa promettere a un papà bresciano di portare i figli a «vedere Totti» per poi scoprire che Totti non c’è? Dante scriveva che l’amor «moveva il sole e le altre stelle» ma non conosceva ancora i tifosi della Roma. Nell’anno in cui la tessera del tifoso ha reso le trasferte un «privilegio per pochi intimi»

 

Ore 19.50: nel settore ospiti ci sono cinque tifosi. L’orgoglio giallorosso è questo. E’ un mercoledì sera neanche tanto freddo, dai monti che circondano lo stadio si intravede qualche luce, i tifosi di casa sono pochi e neanche troppo rumorosi. Ti guardi intorno e noti tanta gente in campo e poca sugli spalti. A destra della tribuna c’è la , proprio come a Roma. E’ lì che, con una fierezza che vedi negli occhi di chi la sventola, ci sono due bandiere giallorosse. E uno stendardo: “Ovunque sarai io sarò, Roma”. Entrano cantando nel settore, tra lo stupore di finanzieri e steward che non si aspettavano nessuno. Appena sentono la parola giornalista si irrigidiscono,non vogliono parlare. «Siete una brutta razza», dicono mentre gli vengono controllati i documenti. Non si vogliono neanche far fotografare, sperano di entrare presto «così ve levate di torno». Sono quasi ai tornelli quando arriva la frase che li colpisce. O, quantomeno, li stuzzica. Un finanziere fa: «Vi aspettano da un paio d’ore, perché comunque è un fatto storico che siete così pochi». Silenzio. Accettano di parlare e anche di farsi fare qualche foto «però quando siamo dentro, che qui fuori è brutto». Accettano di parlare, anche se non vogliono dire i nomi veri. Ci tengono solo a far passare questo messaggio: «Non siamo “romanistoni”, non siamo tifosi da poltrona. Noi la Roma la seguiamo quando possiamo, sempre e comunque. E se ci siamo piegati alla tessera del tifoso è solo per questo». L’unica

che si sbilancia un po’ è una ragazza: è di Centocelle, ha preso il biglietto tre giorni fa, settore ospiti, tessera del tifoso fatta a luglio. Parla con uno steward, chiede di poter entrare in tribuna con un’amica di Milano che ha il biglietto lì, viene rimandata alle forze dell’ordine. Loro acconsentono, ma deve aspettare il fischio d’inizio:

«Non ci sentiamo eroi, non ci sentiamo storici. Siamo solo tifosi della Roma, così come lo sono quelli che sono rimasti a casa. Abbiamo solo fatto una scelta diversa».

 

Ore 20:10. Entrano altri tre ragazzi, uno di questi è il fratello del finanziere che stava facendo servizio di sicurezza fuori. E’ di Catanzaro, ma tifa Roma perché «mi è sempre piaciuta». Quando può la segue in tutto il Nord Italia, ha preso il biglietto lunedì: «Pensavo – spiega – che venissero più tifosi perché è un momento difficile. Ma pure se siamo pochi ci faremo sentire». Entra in campo la Roma. I temerari del settore ospiti, nel

frattempo arrivati a 20, salutano la squadra, Perrotta e Cassetti ricambiano.

 

Ore 20:15. Il momento più bello. I tifosi del Brescia prendono fiato e cantano: “Romanista pezzo di m….”. I ragazzi del settore ospiti «anzi, chiamace quelli di Brescia» si alzano, prendono in mano le bandiere e le sventolano. E gridano: “Forza Roma”. La loro voce si perde nella notte bresciana ma è un dettaglio. E’ l’orgoglio giallorosso. O amore, che poi è la stessa cosa.