IL ROMANISTA (G.DELL'ARTRI) - La cinque è una novità per Daniele De Rossi, almeno da quando è professionista. Una volta - era in un Viareggio - indossò anche la maglietta numero 9 della Roma ma non perché faceva lattaccante (aveva già trovato il suo ruolo naturale) piuttosto per questioni di ordine alfabetico. La cinque è una novità per De Rossi e si aggiunge al suo piccolo grande mondo di magliette (Capitan Presente è anche un grande collezionista delle divise da gioco).
In principio con la Roma fu il 26 e non il 27 come molti credono. Quel numero Daniele ce laveva sulle spalle ma sotto il giubbetto della tuta nel suo vero esordio da batticuore romanista: la trasferta a Firenze nellanno del tricolore. Quel lunedì (quello del "Siamo tutti parrucchieri", quello lì) De Rossi era in panchina convocato in mezza emergenza da Fabio Capello perché Ferronetti, mezzo raffreddato, per curarsi aveva preso un farmaco che poteva rischiare di contenere sostanze dopanti. Dal 26 al 27 il passo è breve: è un numero. Quello dei vari esordi ufficiali. Poi arriva il 4 e arriva quasi come una maledizione. De Rossi il 4 ce laveva nellanno dei 4 allenatori, quello della pubalgia, per questo poi ha scelto di cambiare. E ha scelto per amore. Perché dallestate del 2005, dal 16 luglio cè Gaia, sua figlia, il suo amore più grande e per lei sceglie di avere il 16: il giorno della nascita impresso a pelle sulla schiena. Così quando poco prima della spedizione dei Mondiali di Germania per colpa di un sms mai arrivato gli viene assegnato dai compagni di Nazionale il 4, Daniele ci resta male. E ha ragione: il 4 diventa un 4 in condotta, diventano le 4 giornate di squalifica. Quando lui si fa più forte del destino e diventa campione del mondo anche con quel numero, la prima cosa che fa è metterlo nel dimenticatoio. E lì ce lo ha lasciato.