L’Imperatore all’appuntamento con il destino

20/08/2010 alle 14:23.

IL ROMANISTA (M. MACEDONIO) - Quasi un segno del destino. Tale deve esser sembrato ad Adriano il fatto che il primo impegno ufficiale della stagione giallorossa (e che impegno!) potesse coincidere con la gara contro la squadra in cui, tra alti e bassi e in un succedersi di prendersi e lasciarsi, l’Imperatore ha visto compiersi quasi otto anni della sua carriera di calciatore.

Ma non era uno scherzo. C’era poco da ridere, anzi. Adriano, in quei giorni, era infatti in Brasile, nella favela in cui era cresciuto da ragazzino. Più che mai deciso a non fare ritorno in Italia. «Lì non ero felice» ripeteva, assicurando però: «Non sono malato. Non ho bisogno di medici e psicologi». C’era solo la voglia di ritrovarsi, per la quale si diceva disposto anche a rinunciare ai soldi, pur di avere accanto le persone care. «Quelle con cui mi sento felice. I miei amici, i miei familiari». Troppe, sembra, le pressioni subìte – parole sue – fin da quando aveva 18 anni. Giorni difficili, quelli: non risponde a una convocazione della Nazionale, fa perdere le sue tracce, e c’è chi sostiene addirittura che sia morto. «Per ora smetto – disse, ricomparendo a casa di sua madre – ho perso la felicità di giocare. E ho intenzione di ripensare alla mia carriera». Ad aiutarlo c’è il Flamengo, il club che lo aveva lanciato, e che il 6 maggio lo ingaggia per un anno. E in Brasile, dove pure era tornato già una volta, all’inizio del 2008, per un prestito semestrale al San Paolo, Adriano sembra davvero aver ripensato alla propria vita e alla propria carriera. Un gol al debutto il 31 maggio e una tripletta poco dopo contro l’Internacional servono a ridargli fiducia. Seguono altri gol e altre doppiette. E tante prestazioni da migliore in campo. Con la speranza, segreta, di convincere Dunga a richiamarlo. Chiude il torneo comecapocannoniere con 19 reti, dando un contributo decisivo alla vittoria del Flamengo nel Brasilerao. Il re-sto è storia dei nostri giorni.

Adriano è di nuovo in Italia, rinfrancato e motivato come non lo era da tempo. Con una voglia di riscatto che neanche l’esclusione dal Mondiale in Sudafrica sembra aver scalfito. Anzi, semmai le ha fatto da moltiplicatore. Avendo come obiettivo la prossima edizione, nella sua terra, quando lui avrà “solo” 32 anni. E vorrà agguantare l’ennesima rivincita. Ma intanto, di rivincite, ce ne sono da prendersi. Oggi e qui. Meglio ancora, domani. A San Siro, contro quell’Inter lasciata appena un anno e quattro mesi fa, ma sembra una vita…Una sfida carica di significati e che anche sul piano simbolico sembra costituire un appuntamento fatale, di quelli che possono segnare la rinascita di un giocatore. Adriano l’attende da quando ha rimesso piede in Italia: «Sarò dall’altra parte – disse allora – ma farò di tutto per impormi. D’altronde sono venuto qui per vincere e per portare la Roma il più in alto possibile». Lui che, peraltro, di Supercoppe se ne intende. Ne ha vinte due con l’Inter. A dir la verità, sarebbero tre. Ma la terza, nel 2008, non l’ha visto in campo. Era appena tornato dal San Paolo e il suo rientro sul terreno di gioco sarebbe avvenuto solo il 16 settembre, nella prima gara di , quando segnò anche il gol del 2-0 contro il Panathinaikos.

Nelle altre due, però, c’era. E il ricordo di quel trofeo alzato al cielo non può non dargli la carica. E fargli pensare che se è vero che “non c’è due…”, il tre può arrivare anche con un’altra maglia. Meglio se giallorossa. Dicevamo delle due Supercoppe italiane vinte dall’Imperatore. La prima è nel 2005, il 20 agosto, e si gioca a Torino, in casa della pre-Calciopoli. E fa effetto rileggere le formazioni: in maglia bianconera ci sono Vieira e Ibrahimovic, insieme ad (e con Fabio Capello in panchina), in nerazzurro c’è addirittura Pizarro, che entra nella ripresa, e alla guida è ancora Roberto Mancini. L’arbitro è (!). E Adriano gioca per tutti i 120 minuti. La gara finisce infatti ai supplementari, decisa da un gol di Veron al 96’.

Finisce con l’extra-time anche la sfida del 2006, diretta da Rosetti. Che è anche tra i ricordi più amari della storia recente della Roma. La gara si gioca il 26 agosto a Milano. Anche in questo caso, un gioco di incroci tra ex e futuri tali. L’Inter, dove sono nel frattempo approdati Vieira e Ibra, schiera Samuel e, nel 2° supplementare, anche , mentre nella Roma di Luciano Spalletti ci sono Chivu e Amantino Mancini, che segnerà il gol del vantaggio giallorosso al 13’, nonché Aquilani, che realizzerà lo 0-2, al 25’, e lo 0-3, al 34’ del primo tempo. Chi non ha rimosso l’evento, ricorderà i tre gol con cui Vieira, Crespo e ancora Vieira riportarono in parità la gara nei tempi regolamentari, e quello con cui Figo, al 94’, dette purtroppo la vittoria ai nerazzurri. Adriano non segnò, ma fino al 61’ (quando gli subentrò Crespo) dette comunque un contributo importante al recupero della sua squadra.

Con tutta probabilità, stavolta, Adriano partirà dalla panchina, non avendo ancora nelle gambe il miglior ritmo partita. Ranieri sa però che può comunque contare su di lui. Di progressi, il brasiliano, ne ha fatti tanti in queste settimane. Segnali più che incoraggianti: dalla dieta ai ritmi di allenamento, che gli hanno permesso di smaltire liquidi in eccesso e perdere già diversi chili, pur non indebolendolo sul piano fisico. Rispetto al suo arrivo a Roma, è già un altro giocatore. E se è vero che per fargli raggiungere una condizione ottimale serviranno ancora un paio di mesi, è altrettanto vero che, già domani, se servisse, c’è da credere che il sor Claudio non si farebbe problemi ad inserirlo “in corso d’opera”. All’Imperatore – e all’Inter lo sanno bene, avendo ancora negli occhi quel gol all’esordio, nei minuti finali dell’amichevole con il Real Madrid al Bernabeu – può bastare anche solo un calcio piazzato per colpire. E affondare. E quella sì che, per l’Inter, sarebbe una bella “punizione”…