Il primo convocato azzurro della storia del calcio capitolino (la scoperta si deve al mai troppo lodato Vittorio Finizio e alle sue indefesse ricerche negli archivi della Scuola Centrale dello Sport di Via dellAcqua Acetosa) fu Attilio Ferraris IV. Attilio fu a disposizione in qualità di riserva per il match con lAustria, perduto 4-0, che lItalia disputò a Genova il 20 gennaio 1924. Quando Attilio, ancora per i colori della Fortitudo, debutterà finalmente in Nazionale (il 9 maggio 1926 nel corso di ItaliaSvizzera) era stato preceduto da Fulvio Bernardini che aveva centrato il prestigioso traguardo il 22 marzo 1925 contro la Francia. La quasi totalità dei libri dedicati alla Roma (Vittorio Finizio è una delle luminose eccezioni, ma i suoi libri sono purtroppo quasi impossibili da reperire) raccontano che Bernardini venne escluso dalla Nazionale perché troppo bravo. In realtà la cronistoria è leggermente diversa, il famoso episodio legato alla discutibile scelta di Pozzo è legato, in realtà, ad un match contro lUngheria del 13 dicembre del 1931. Quel giorno accadde una cosa molto semplice, quando già Fulvio aveva indossato maglia e scarpini, Pozzo gli spiegò che quel giorno non lo avrebbe utilizzato perché uno dei suoi compagni, trovandosi in difficoltà economiche, aveva bisogno di giocare per intascare il premio di presenza. Nella stessa gara, tra laltro si registrò anche il curioso avvicendamento di Meazza, a cui venne preferito Libonatti. Bernardini non accettò i modi e i tempi di quella esclusione (e reagì verbalmente), ma continuò a giocare in azzurro. La fascia di capitano della Nazionale (la prima della storia per un calciatore romanista), arrivò infatti per Fuffo il 28 ottobre 1932, quasi un anno dopo lepisodio di Torino.
La verità è che Bernardini rinunciò alla Nazionale, proprio nel momento in cui, dopo una militanza di sette anni, rifiutò di ricoprire il ruolo di laterale, considerando la mediana come il suo naturale regno. E probabilmente ingeneroso scriverlo, ma Pozzo tra i tantissimi meriti della sua grandiosa carriera (non ultimo quello di aver recuperato Attilio Ferraris IV quando era stato messo fuori squadra dalla Roma a pochi mesi dallinizio dei Mondiali del 1934), deve annoverare anche la responsabilità di aver privato della gioia mondiale il talento più grande del calcio italiano degli Anni 30. E con tutto il rispetto per capitan Combi, la foto di Bernardini che da capitano alza la coppa Rimet a Roma sarebbe stata di una bellezza che non avrebbe avuto eguali. Da quel galantuomo che era, nel 1967, quando era giornalista della Stampa di Torino, Pozzo si recò nel ritiro della Sampdoria per salutare Fulvio, che allenava i blucerchiati, chiudendo in questo modo quellantica ferita.
Dopo il diamante solitario della fascia da capitano di Bernardini del 1932, come anticipato, sarà Luigi Allemandi a raccogliere il testimone non appena passato in giallo-rosso nellestate del 1935. Nonostante leccellente rendimento al servizio della Lupa (soprattutto nel primo anno della sua militanza, quando assieme
al compagno di reparto Monzeglio fece scendere le reti incassate da Masetti dalle 38 della stagione 1934/35 a 20
), le otto fasce azzurre di Allemandi sono meno sentite nella storiografia giallo-rossa per la natura girovaga del terzino campione del mondo. Concluso il suo rapporto con la Roma, infatti, Allemandi passò al Venezia in serie B, non esitando poi ad accasarsi alla Lazio nella stagione 1938/39. La professionalità del campione rimase sempre scolpita nei ricordi dei tifosi di Testaccio, ma probabilmente qualcosa, nel rapporto di affetto e simpatia, andò scemando.
Maggiormente sentite, sono state le due fasce collezionate da Pandolfini ai Mondiali del 1954. Nel ritiro di Vevey la situazione ricordava molto quella della Francia ai Mondiali del Sudafrica con il selezionatore Creizler criticatissimo da molti dei suoi giocatori e dai giornalisti al seguito dellItalia. Nonostante la bufera, dopo lindisponibilità di Boniperti, Pandora conquistò i gradi, cosa che probabilmente la stampa non gli perdonò, tanto che in modo sconcertante Aldo Bardelli, dalle pagine di Stadio, osserverà che, nella decisiva e sfortunata partita contro la Svizzera era stata: «Inesorabile la stanchezza di Pandolfini. Eppure Gisto ha corso fino allultimo minuto, rifiutandosi di ammettere che le gambe non giravano più a dovere. E sulla panchina cerano uomini freschi».
Dopo i Mondiali svizzeri, con poche eccezioni (i lampi isolati di
Losi, Panucci e Perrotta) il libro azzurro della Roma si riempie di rimpianti e interrogativi senza risposta. E sconcertante che Bruno Conti, Giuseppe Giannini e Francesco Totti non siano riusciti a guadagnare quei pochi, prestigiosi centimetri di stoffa. Tutto
questo, però, fa ormai parte dellalbo doro della Roma e della Nazionale. De Rossi, ripartendo dalla fascia di capitano, avrà adesso, nel quadriennio a venire, la possibilità di scrivere nuovi capitoli di questa storia, a partire dai record di maggior numero di presenze e di maggior numero di fasce da capitano per un tesserato della Roma, che sono ormai nel suo mirino. Stimolante è anche il bilancio legato alla bacheca personale di
Daniele. Considerando la medaglia di bronzo olimpica e il titolo mondiale, basterebbe un altro successo con lItalia per consacrarlo come il romanista più vincente di ogni tempo in Nazionale.