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IL ROMANISTA (C. ZUCCHELLI) - «Sono felice per il gol, per me era unopportunità importante. Sono dispiaciuto perché avremmo voluto vincere, ma questo è un grande gruppo che si toglierà delle soddisfazioni». Era felice ieri, Leandro Greco, nel commentare il gol al Parco dei principi. Perché, per lui, è stato un giorno speciale. Come quando, cinque anni fa, disse: «Il calcio? So che nella vita ci sono cose più importanti, ma è la mia passione più grande». Parlava così alla vigilia del suo rientro in campo dopo unagonia difficile da spiegare e comprendere.
giorno speciale. Come quando, cinque anni fa, disse: «Il calcio? So che nella vita ci sono cose più importanti, ma è la mia passione più grande». Parlava così alla vigilia del suo rientro in campo dopo unagonia difficile da spiegare e comprendere. Specie se hai 19 anni (era il 2005) e tutte le aspettative del mondo sulle spalle. Perché Leandro Greco, il goleador di ieri - tocco di sinistro in velocità su assist del collega mancino Riise - ha veramente rischiato di smettere col calcio. E' stato lontano dai campi di gioco per cinque mesi. Colpa di uninfezione nata da una vescica, un mese in ospedale con seri problemi a muovere le gambe e dieci chili persi, seguita da un sospetto di aritmia cardiaca che lo ha privato temporaneamente dellidoneità allattività agonistica. Conti, che aveva seguito passo dopo passo la sua convalescenza, lo portò in prima squadra (che allepoca allenava) quando non aveva ancora i novanta minuti nelle gambe, giusto per dargli un po di fiducia. Così come Alberto De Rossi, tecnico della Primavera, che appena tornò in campo gli affidò la fascia di capitano e la maglia numero 10. E lui lo ripagò vincendo lo scudetto, insieme a gente come Cerci (che pure non giocò le fasi finali per infortunio), Rosi, Okaka, Freddi e altri talenti. Sembrava, dopo quella vittoria di Lecce, che la vita di Greco riprendesse la strada del successo, complice anche lesordio in Serie A dell8 maggio 2005 a Parma. La fortuna però non lha assistito: lanno dopo restò a Roma, poi è andato a Verona, è tornato a Trigoria, è andato a Pisa, è ritornato, è ripartito per Piacenza. E ora è di nuovo nella Capitale. Con quella maglia che sente come una seconda pelle e con cui, ieri, ha fatto un gol che non dimenticherà mai. Anche se era unamichevole. Bastava vedere il suo sorriso mentre il pallone gonfiava la rete. Lui vorrebbe restare (magari come vice Pizarro, visto che come caratteristiche è quello che più gli si avvicina), ma sa anche che, a 24 anni, ha bisogno di giocare con continuità. Lo ha ammesso anche Perrotta: «Mi dispiacerebbe se andasse via, ma so anche che a centrocampo siamo in tanti». Insieme alla società prenderà la decisione giusta, intanto si gode il momento. E non è poco