Fabio Simplicio: "Roma? Un sogno. Sono qui per vincere subito"

02/08/2010 alle 19:33.

LA ROMA - La Roma rappresenta l’ennesima realizzazione dei desideri di Fabio Henrique Simplicio, nuovo centrocampista arrivato a inizio luglio a Trigoria. Ma le bramosie del 31enne brasiliano non si fermano qui, dato che ora il suo intento nella Capitale è chiaro: “Vincere” Benvenuto Fabio! Il 1 giugno hai firmato il contratto, il 4 luglio sei atterrato a Fiumicino e dal 5 hai iniziato (insieme a pochi altri compagni) gli allenamenti a Trigoria: come hai vissuto queste tappe di avvicinamento alla Roma? «Felice, innanzitutto, e sereno.

Benvenuto Fabio! Il 1 giugno hai firmato il contratto, il 4 luglio sei atterrato a Fiumicino e dal 5 hai iniziato (insieme a pochi altri compagni) gli allenamenti a Trigoria: come hai vissuto queste tappe di avvicinamento alla Roma?

«Felice, innanzitutto, e sereno. Il mio arrivo in questa grande società è un altro regalo che la vita mi ha fatto: quando da bambino inizi a giocare a calcio speri sempre, un giorno, di indossare la maglia di un club così prestigioso… io ci sono riuscito e ne sono fiero. Questa è un’opportunità che non potevo farmi sfuggire: dire che sono contento è poco».

Dove e come hai passato questo mese di avvicinamento al giallorosso, in vacanza a casa in Brasile?

«A San Paolo, esatto, ma non è stato un mese di solo relax. Nelle settimane finali dello scorso campionato, infatti, mi sono infortunato e così, per presentarmi al meglio alla Roma, ho lavorato anche a giugno, tra fisioterapie e lavoro muscolare. Ed è servito: adesso infatti sono a posto e pronto a iniziare questa nuova avventura».

Sei fisicamente nella capitale da tre giorni: hai già avuto modo di “tastare il polso” del tifo romanista?

«In questi prime ore ho avuto solo un assaggio del calore della torcida giallorossa, ma ho intuito quanto sia passionale sin dall’atterraggio di Fiumicino. Negli anni ho giocato tante volte da avversario all’Olimpico e ho visto cosa sono capaci di fare allo stadio per la loro squadra. Ora qui a Trigoria ci siamo solo io e Adriano e il clima è tranquillo, ma penso che già dal ritiro il calore crescerà».

Per adesso c’è il caldo della à: come stanno andando questi primi allenamenti sotto il solleone capitolino?

«Bene, anche se i tanti gradi si sentono. In Sudamerica, da dove sono arrivato l’altra settimana, è pieno inverno con temperature ben più basse di quelle che ho trovato in Italia. Ripeto, io ho comunque la fortuna di aver fatto una “base” di lavoro fisico in Brasile, anche se lì ho pensato più alla parte muscolare… ora qui e in ritiro cercherò di “spingere” in modo da farmi trovare pronto sin da subito».

Come hai anticipato tu, qui a Trigoria ti alleni per ora a tu per tu con Adriano: che impressione ti ha fatto e che vi siete detti in queste prime ore di Roma?

«Lui è un grande calciatore ed anche un bravo ragazzo, sono sicuro che farà bene qui: per me è infatti un onore poter giocare con lui e gli altri campioni della Roma. Lui mi ha parlato soprattutto di come è stato accolto nella presentazione al Flaminio… ho guardato il video in tv e devo dire che anche io mi sono emozionato vedendo le immagini, davvero una accoglienza grandiosa».

In queste prime giornate in sede hai poi avuto modo di incontrare e parlare con tutta la dirigenza: che parole hanno avuto per te?

«Tutti hanno cercato di infondermi tranquillità e serenità, facendomi sentire parte del progetto del club: mi hanno spiegato il clima che si vive qui in à e in squadra. Queste sono cose molto importanti: lavorare con serenità e consapevolezza fa produrre tutti al meglio delle proprie possibilità».

Parlaci poi della tua trattativa, Fabio: come e quando è partita?

«I primi contatti col mio procuratore ci sono stati ad aprile, quando la mia situazione al Palermo era già praticamente chiusa. Una volta saputo dell’interessamento della Roma sono letteralmente “saltato in aria”: ero contentissimo, anche perché giocare in uno dei più grandi club d’Italia e d’Europa è il desiderio di tutti noi giocatori professionisti».

Cosa pensi abbia convinto la società giallorossa a portarti qui nella Capitale?

«Il mio rendimento costante e a buon livello, immagino: nella mia carriera ho sempre cercato di avere stagioni con prestazioni regolari e di qualità, ma qui so che non basta. Devo fare ancora meglio, perché in questo club ci sono tanti campioni e per giocare con loro devi dare il 110%».

Come compagni di reparto qui infatti troverai due “mostri sacri” come e Pizarro: cosa vorresti “rubare” a questi due talenti?

«Soprattutto l’esperienza, dato che hanno entrambi un curriculum che parla da solo. Contro di loro ho giocato tante volte in questi miei sei anni italiani e devo dire che sono tra le coppie di centrocampo più difficili da affrontare, perché sono entrambi fantastici sia nella fase difensiva che offensiva, un mix di tecnica e grinta che ne fanno una coppia tra le migliori in circolazione».

Tu sei apprezzato anche per essere un centrocampista molto duttile che può ricoprire più ruoli: hai comunque delle preferenze sulla tua posizione?

«Non ho problemi a giocare in diverse zone del centrocampo: mi metto a disposizione di mister Ranieri, poi sarà lui a decidere. In carriera ho giocato in basso nella disposizione a rombo quando ero a Parma, poi a Palermo sia esterno a sinistra sia, per un paio di stagioni, anche più avanti, quasi da trequartista».

Cosa puoi apportare al reparto giallorosso?

«Questo dovreste chiederlo al Mister e alla società che ha deciso di prendermi… in ogni caso, la mia caratteristica è quella di non nascondermi nel gioco, di cercare sempre di creare un’opzione di passaggio in più per i miei compagni e, quando posso,di concludere a rete».

In effetti basta guardare le tue statistiche per capire che col gol hai un certo feeling...

«Qualche rete durante la stagione la faccio sempre, per ora in serie A sono fermo a 35 gol in sei anni».

Noi speriamo che il tuo score si incrementi, magari a partire dal primo grande appuntamento stagionale, il 21 agosto a San Siro nella Supercoppa contro l’Inter…

«È il primo grande obiettivo stagionale, una grande sfida tra due club che hanno primeggiato negli ultimi anni. Partire col piede giusto sarebbe importante: io sono venuto qui per vincere e questa squadra ha tutte le carte in regola per farlo, sin da subito».

Anche in campionato?

«Assolutamente sì. L’Inter parte ovviamente davanti per tutto quello che ha fatto vedere sul campo in quest’ultima stagione. Ma, anche se l’ho vista solo da fuori, la Roma è stata sempre lì a lottare per il vertice e quest’anno, con i cambiamenti in corso nei due club, sono convinto che possiamo batterli. Anche se non ci saranno solo loro da sconfiggere».

Fabio, per te sarà anche la “prima volta” in : emozionato?

«Il sogno di ogni giocatore sudamericano è giocare in uno dei più importanti campionati del mondo, è la Serie A è uno di questi, e nella competizione per club più prestigiosa al mondo, la : a rischio di essere ripetitivo, ribadisco che per me giocare questi due tornei con la maglia della Roma è la realizzazione di un sogno. Ma non voglio solo partecipare, noi dobbiamo puntare in alto».

In campo internazionale una tua esperienza ce l’hai già: hai infatti giocato più volte la Coppa Uefa e soprattutto la Libertadores in Sudamerica…

«Sì, a Parma e Palermo ho avuto modo di assaporare il calcio internazionale europeo. Con i gialloblu, in particolare, siamo arrivati in semifinale, dove poi abbiamo perso con il CSKA Mosca, poi vincitore del torneo. Col San Paolo, prima, avevo raggiunto lo stesso traguardo in Copa Libertadores nel 2004, dove ci ha poi battuto l’Once Caldas, squadra colombiana che ha poi trionfato sul Boca in finale».

Nei tuoi anni italiani da avversario hai incontrato la Roma parecchie volte, sia quella di Spalletti che quella di Ranieri: che squadre hai visto in quelle sfide?

«Premetto che con la Roma in tutte queste sei stagioni ho vinto solo una volta, nel 2008 quando ero al Palermo, in una partita tra le altre cose decisiva per me: era inizio campionato e si era paventata l’ipotesi di mandarmi in prestito ad un’altra squadra di A, ma io in quella gara giocai alla grande e allora decidemmo, io e la società, di proseguire la nostra strada insieme. A parte questo inciso, contro la Roma ho sempre avuto partite in cui, da avversario, ho sofferto molto, sia con Spalletti che con Ranieri: due squadre con natura e caratteristiche magari diverse, ma entrambe piene di qualità e personalità».

Fabio, ricordiamo ai nostri lettori brevemente la tua avventura italiana: si parte da Parma, stagione 2004/05, con lo zampino di Sacchi se non erriamo…

«Esatto, a quel tempo lui era Direttore Tecnico del club e mi portò in Emilia dopo avermi visionato in Brasile. A dire la verità all’inizio nessuno mi conosceva e qualcuno aveva delle perplessità, come l’allora Minotti che mi guardava e diceva che ero troppo basso… poi per fortuna il campo ha tolto ogni dubbio a tutti. Col Parma feci due belle stagioni, in particolare la seconda dove realizzai anche 10 gol».

Che ti valsero la chiamata del Palermo di Zamparini: che rapporto hai avuto con lui e il

suo club?


«Molto buono sia con la gente che con il Presidente, che è una persona che non nasconde nulla dicendoti tutto in faccia… a me piace così. A testimonianza del bel legame creato con la piazza c’è la conferenza stampa che ho fatto a metà maggio dove ho salutato tutti ringraziando per le esperienze vissute insieme negli anni in Sicilia… è stato un momento bello e sinceramente commovente. A Palermo ho giocato quattro anni con buoni risultati e ottimi ricordi».

L’anno migliore coi rosanero?

«Forse su tutti il primo, nel 2006/07 con Guidolin, dove per i primi sei mesi di campionato siamo stati vicini alla vetta, poi purtroppo con l’infortunio ad Amauri perdemmo il passo delle grandi, terminando il torneo al quinto posto a soli 3 punti dalla zona ».

Andando a ritroso nella tua carriera troviamo poi il Brasile e la squadra che ti ha cresciuto e lanciato nel calcio professionistico, il São Paulo: raccontaci, come sei entrato nel vivaio del Tricolor Paulista?

«È stato grazie ad una situazione simile agli asromacampus che sto vedendo qui a Trigoria in questi primi giorni di allenamento. Certo, era un raduno meno organizzato di questo, anche perché si giocava non certo su un campo in erba ma su uno di terra dura! In ogni caso, durante le partitelle, mi misi in luce ed ebbi la fortuna che il padre di uno degli allenatori fosse impiegato nel settore amministrativo del San Paolo e mi fece fare un

provino: dopo due sedute il club decise di prendermi e da lì iniziò tutto».

Il 2000 fu l’anno decisivo con il club che decise per un cambio deciso del blocco del centrocampo, vendendo gli esperti titolari e facendo largo ai giovani, tra cui te, Kakà e Julio Batista: andò così?

«Sì, con la differenza che io ebbi la fortuna di esordire prima di loro: era il derby contro il Santos e feci anche gol… davvero non potevo chiedere di più nella mia prima partita da titolare. Più tardi entrarono in pianta stabile in prima squadra anche Kakà e Julio Baptista, con cui abbiamo condiviso tanti bei ricordi. Di Julio, in particolare, conosco bene anche la famiglia, dato che spesso prima e dopo degli allenamenti mi fermavo

da lui che abitava vicino ai campi da gioco».

E da lì di strada ne hai fatta, Fabio, fino ad arrivare in Italia e qui alla Roma: da esperto ormai della Serie A e di calcio, come vedi il livello del nostro campionato rispetto agli altri tornei europei?

«Come ho detto la A è un sogno per tutti noi sudamericani e il suo livello è rimasto alto anche negli ultimi anni».

C’è chi non la pensa così e vede il flop dell’Italia ai Mondiali come conseguenza della minore qualità della Serie A…

«Non credo sia così, la verità è che mi è dispiaciuto molto per come è andato il torneo sia per l’Italia che per il Brasile: vedere le semifinali dei Mondiali senza nessuna delle due squadre è davvero inusuale. Ma oggi il calcio è cambiato tanto, nel senso che ci sono tante nazioni “piccole” e interi continenti, come quello asiatico, che sono cresciuti tanto, rendendo la competizione più equilibrata e avvincente».

A proposito di Seleçao e World Cup: un pensierino al 2014 lo fai?

«Due anni fa non avrei mai pensato di essere chiamato con la Nazionale, dato che Dunga aveva formato un gruppo solido e compatto, invece il CT mi convocò per due amichevoli. A questo punto, sperare non costa nulla, anche se non serve a niente farlo se non si dimostra coi fatti di meritare la maglia verde-oro: io infatti voglio dare continuità e qualità al mio rendimento qui alla Roma, poi se arrivasse una chiamata sarebbe l’ennesimo sogno che si realizza…».

Fabio, i tuoi sogni sono i nostri, anche perché passano attraverso la tua buona riuscita con la nuova maglia: in bocca al lupo!