Adriano: «Che emozione rivedere la mia vecchia Inter»

22/08/2010 alle 11:39.

GASPORT (A. CATAPANO) - Stavolta ci si sente traditi da Vucinic, l’uomo dei sogni ieri sera ha interrotto gli incubi dell’Inter, risvegliandola da un sonno che pareva profondo. Totti, invece, aveva un compasso nella scarpa, e quei tre-quattro assist illuminanti sarebbero bastati se avessero fatto tutti come Riise: un’occasione, una zampata, un gol. Menez è andato avanti a fiammate, alcune bellissime, fino a che ne ha avuto la brillantezza.

Datemi tempo - Adriano è entrato quando la parabola era già discendente, e questa è una valida attenuante, ma non ha fatto una gran figura: sovrappeso (dicono sia ancora sopra il quintale), imballato, impotente nel torello interista. «Da Adriano— dice Ranieri— era lecito attendersi qualcosina in più». Lui ne sembra consapevole «Sto lavorando come un matto da settimane, ma mi manca ancora il ritmo partita, è logico. C’è tutta la stagione davanti, siamo soltanto all’inizio, sono convinto che giorno dopo giorno migliorerò». Forse lo ha frenato anche l’emozione, è una speranza. «Beh, un po’ di emozione l’ho provata a rivedere i miei vecchi compagni, sono stati tutti carini con me, mi hanno detto che tornerò quello di un tempo. E ho salutato il presidente Moratti, anche questa Inter mi sembra fortissima».

Fumogeno di troppo Delusi, arrabbiati, frustrati. Irresponsabili alcuni tifosi della Roma. Quelli che, persa la partita, decidono di farsi riconoscere e giocare al lancio del fumogeno, interrompendo a più riprese la gara, soprattutto rompendo un’atmosfera fino a quel momento bellissima. Anche per merito loro. Delusi, arrabbiati, stanchi. Stravolti nel secondo tempo i calciatori della Roma. Quando, uscito Pizarro, hanno perso la bussola e, qualche minuto dopo, pure le forze e il coraggio. Mentre l’Inter, che fin lì era stata la versione fin troppo mansueta della banda Mourinho, proprio da quel momento alzava la testa e prendeva il sopravvento. Basta regali Stanca la Romadi prenderle dall’Inter, forse pure di doverla affrontare tanto spesso senza mai potersi concedere un errore. Stanca di non poter essere bella ma imperfetta. Di condurre le danze divinamente e inciampare, sola una volta, senza che quel passo falso cambi l’ordine delle danze e, alla fine, risulti maledettamente fatale. «Un regalo. Abbiamo perso per un regalo», non fa che ripetere alla fine David Pizarro. «Così fa più rabbia». E un’altra coppa se ne va.