Il vizio di incassare milioni e non investirli nel mattone

19/07/2010 alle 12:57.

CORSERA (F. MONTI) — L’esempio vale più di qualsiasi commento. I cinque club di Londra, che giocano in Premier League (Arsenal, Chelsea, Fulham, Tottenham, West Ham), hanno tutti uno stadio di proprietà; le 20 squadre della serie A e le 22 della B italiana giocano in impianti, per i quali pagano l’affitto. Non è indispensabile essere padroni del proprio stadio, ma possederlo significa avere solidità e forza economica che aiutano a superare i momenti difficili.

È incredibile che i club italiani abbiano destinato ad acquisti ed ingaggi di giocatori, allenatori, dirigenti la valanga di soldi ricavati dal ’99 al 2010 dalla vendita dei diritti tv, senza assicurarsi nemmeno un mattone di proprietà. La sintesi in cifre: in dieci anni sono stati incassati 5.060 milioni di euro (per i diritti criptati, venduti soggettivamente più 849 milioni per i diritti in chiaro, ceduti in forma collettiva, in tutto 5.909 milioni di euro), per ritrovarsi con un debito superiore ai 2.000 milioni. Soltanto la si è mossa con un progetto chiaro che fra un anno le consentirà di inaugurare il vecchio stadio delle Alpi, completamente rifatto e di proprietà, che le darà la possibilità di avere una solidità economica, indipendente dagli investimenti dei propri azionisti.

Il disegno di legge sugli stadi, presentato dal sottosegretario con delega per lo sport, Rocco Crimi, è stato approvato all’unanimità dalla Commissione Cultura del Senato, dopo un lungo lavoro di emendamenti e ha saltato il passaggio in Aula. Passato alla Camera, con profonde modifiche rispetto al momento della presentazione, è oggetto di continue (e agitate) audizioni in commissione, con una forte conflittualità sulla questione del 10% dei diritti tv, destinato ad essere gestito da una fondazione che per ora non c’è. Per mesi si è discusso della questione legata a quanto poteva essere costruito intorno ai nuovi stadi (appartamenti e centri commerciali), argomento che ora è diventato di competenza dei Comuni. Quello che è certo è che sarebbe già un traguardo importante arrivare all’approvazione della legge fra settembre e ottobre. La questione è diventata politica; Michele Uva, che ha lavorato alla presentazione del dossier per Euro 2016, una candidatura senza speranza visto lo strapotere della Francia sull’asse Platini-Sarkozy (e ha appena pubblicato il libro «La ripartenza» insieme con Gianfranco Teotino), ha sottolineato: «Arrivare alla costruzione di nuovi impianti sarebbe un vantaggio per tutti, per le società, che avrebbero impianti non soltanto moderni, ma anche più accoglienti e sicuri, per i tifosi e per lo Stato (sotto forma di ricavi derivanti dalla tassazione), senza contare che la costruzione di 20 stadi porterebbe alla creazione di almeno 15.000 posti di lavoro per sette anni».

Se il Milan pensa ad una ristrutturazione globale di San Siro e l’Inter aspetta di capire esattamente il senso della legge (il progetto per un nuovo impianto c’è), il caso più controverso rimane quello di Roma. Il club giallorosso aveva già presentato un progetto per uno stadio intitolato a Franco Sensi, da costruire lungo l’Aurelia. Ma resta da capire che cosa deciderà la nuova proprietà, mentre è tutto da verificare il progetto dello stadio della Lazio, che dovrebbe sorgere in zona Tiberina, esposta al rischio di esondazioni. Il progetto prevede la realizzazione di una cittadella dello sport, con case, hotel, shopping center: 2milioni di metri cubi impegnati. A si studia come rifare il San Paolo; a Firenze, i Della Valle hanno presentato il progetto della cittadella viola: stadio da 40-50 mila posti, centro commerciale, hotel, parco a tema calcistico. Ma tutto è bloccato e non per ripensamenti dei vertici del club. La Germania, ottenuta l’organizzazione del Mondiale 2006, ha fatto tutto per tempo, e ha avviato la rifondazione del calcio tedesco, partendo proprio dai nuovi impianti. Non si sa quale futuro avranno gli stadi sudafricani. Resta il fatto che il Mondiale 2010 ha lasciato un’eredità di impianti che l’Italia può soltanto sognare. Tanto, appena comincerà la nuova stagione, si tornerà a parlare di esoneri, di arbitri e di moviola.