IL ROMANISTA (M.IZZI) - Il nucleo del primo spogliatoio della Roma nasce in realtà a Piazza Adriana nel cortile dove gli atleti della Fortitudo si preparavano a marciare verso il capo della Madonna del Riposo: «Dalla lotta chi desiste, fa una fine molto triste chi desiste dalla lotta... E ngran fijo de mignotta!» tuonava capitan Ferraris IV, mentre tutti i compagni posavano la mano sul pallone che lui teneva fermo e quel grido di battaglia divenne lirrinunciabile rituale prima delle gare della Roma.
Non ci fu bisogno di nessuna riunione, tutti, dai compagni di squadra, allultimo dei dipendenti della Società si adeguarono. Finita lera del gran Fulvio Bernardini, cimbattiamo in un vero e proprio patto sindacale che nellautunno del 1943 investì Guido Masetti del ruolo di rappresentante della squadra per le questioni economiche, in un momento drammatico in cui la sopravvivenza stessa degli atleti e delle loro famiglie era al centro delle questioni più dibattute. Di natura più squisitamente tecnica fu il patto che nacque nel corso della stagione 1974/75. La squadra era divisa in alcuni gruppi, che Ciccio Cordova aveva ribattezzato gruppo della Balduina e dellEUR. Cordova era convinto che il gruppo della Balduina comandasse dentro e fuori dal campo isolando il resto della squadra e per questo aveva proposto a De Sisti di formare uno autonomo (quello dellEur per lappunto), nel quale voleva reclutare anche Rocca, Peccenini e Liguori. La squadra era partita malissimo e Liedholm non riusciva a concepire che i suoi ragazzi si fossero divisi in due tronconi. Così, dopo aver studiato la situazione il Barone organizzò un incontro a Grottaferrata che Picchio De Sisti ha testualmente definito come: «al limite della rissa». In quelloccasione, però, i giocatori si chiarirono e improvvisamente i problemi della squadra iniziarono a trovare soluzione e quellannata, iniziata in maniera così disastrosa, si concluse con un brillante terzo posto.
Spostandoci qualche stagione in avanti ritroviamo la Roma più grande di sempre. Per citare le personalità forti di quella squadra occorrerebbe snocciolare la formazione. Un gruppo di campioni che era meglio non provocare. La lezione venne imparata a memoria dallallenatore del Dundee United, Mclean, che al termine della semifinale dandata di Coppa dei Campioni, sentendosi già trionfatore, pensò bene di urlare ai giocatori della Roma che stavano abbandonando il campo: «Italian bastards». Di Bartolomei fece presente ai suoi compagni che il buon Mclean doveva rimangiarsi tutto con gli interessi. Nella gara dellOlimpico il Dundee incassò tre reti e al triplice fischio Sebino Nela e Agostino piombarono sul tecnico avversario per dirgliene di tutti i colori. Il grandissimo massaggiatore Vittorio Boldorini sarà costretto ad assestargli uno schiaffo per evitare che qualcuno dei giallorossi potesse rimediare una squalifica e Mclean entrò in sala stampa con le cinque dita di Boldorini stampate sulla faccia. Altro brillante patto a vincere si stipulò tra Carlo Mazzone e i suoi ragazzi prima del derby del 27 novembre 1994. La Lazio di Zeman, lanciatissima, andava urlando ai quattro venti che avrebbe fatto polpette dellarmata Brancaleone del Sor Carletto. Si capisce, da una parte cera il calcio del futuro, quello dello scienziato boemo, mentre dallaltra solo la minestra ormai superata del tecnico trasteverino. Mazzone affisse nello spogliatoio della squadra la pagina di un quotidiano sportivo romano che intendeva anticipare il derby mettendo a confronto i singoli giocatori delle due squadre. Risultato 11-0 per la Lazio. Mazzone era una furia: «A Cervò hai perso pure tu! Ma je la volemo fa vedè domenica?». Il 3-0 finale in favore della Roma è entrato nella storia come uno dei derby più entusiasmanti della nostra storia.