![](/IMG/DIRIGENTI/BIG-angelucci giampiero.jpg)
Ripubblichiamo un articolo de LA REPUBBLICA del 15 giugno 2009 sul Gruppo Angelucci, le sue potenzialità e le sue prospettive. Hanno costruito un impero che potrebbe valere il condizionale è d' obbligo quando si parla degli Angelucci, i re della sanità romana oltre il miliardo. La Tosinvest Sanità fattura 200 milioni (27 case di cura per anziani e centri di riabilitazione, divise a metà tra Lazio e Puglia; 900 posti letto solo nel Lazio, 2300 dipendenti), ma ha un debito di 6070 milioni (secondo fonti della famiglia), e quindi secondo i multipli di settore che pongono il valore patrimoniale a 1012 volte l' ebitda, può valere tra i 600 e gli 850 milioni.
Hanno costruito un impero che potrebbe valere il condizionale è d' obbligo quando si parla degli Angelucci, i re della sanità romana oltre il miliardo. La Tosinvest Sanità fattura 200 milioni (27 case di cura per anziani e centri di riabilitazione, divise a metà tra Lazio e Puglia; 900 posti letto solo nel Lazio, 2300 dipendenti), ma ha un debito di 6070 milioni (secondo fonti della famiglia), e quindi secondo i multipli di settore che pongono il valore patrimoniale a 1012 volte l' ebitda, può valere tra i 600 e gli 850 milioni. La Tosinvest Immobiliare varrebbe (sempre secondo fonti familiari) altri 600 milioni. Poi di certo ci sono i 430 milioni di euro ottenuti vendendo una quota di Capitalia (che è valsa loro anche un posto in Cda) e 60 milioni dei quali quale sono stati girati nella cordata Cai che ha rilevato l' Alitalia. Dopo di che si entra nel buio. La famiglia non dichiara il valore del settore editoria, che contiene le quote di controllo di Libero di Vittorio Feltri e del Riformista di Antonio Polito. Né si sa cosa ci sia esattamente nella 'gamba' finanziaria di Tosinvest. Insomma, siamo attorno ai 1500 milioni di patrimonio. E qui finiscono i numeri e iniziano le leggende.
Perché la famiglia Angelucci nelle leggende metropolitane sembra viverci davvero bene. Anche a voler evitare quella più nota, secondo cui lui, Antonio detto Tonino, 66 anni, avrebbe iniziato come portantino, ne restano di ogni tipo. Dallo yacht a tre ponti all' ancora al porto di Ostia alla Ferrari di Schumacher nel garage di una grande tenuta a Senigallia, poco a nord di Ancona. Fino alla valigia con 619 assegni di piccolo taglio con cui avrebbe pagato i 270 milioni dell' ospedale San Raffaele di Roma a Don Verzè: una leggenda perché pare che non lo abbia mai pagato direttamente ma abbia rivenduto un' opzione (stavolta per 320 milioni) al ministero della Sanità un paio di mesi dopo. Ma forse è una leggenda anche questa (le cifre no, quelle sono ufficiali). Di certo resta la passione politica di Antonio Angelucci: compra l' Unità assieme a Alfio Marchini a fine anni Novanta, governo D' Alema in carica. Poi esce. Due anni dopo compra Libero. Ma resta in buoni rapporti con Velardi, uno dei D' Alema Boys e l' anno scorso finanzia il rilancio del Riformista di Polito. Ai vertici di Tosinvest Sanità si trovano sia un uomo di sinistra, come Carlo Trivelli, considerato vicino a D' Alema, che il fratello di Gianfranco Fini, Massimo. Intanto, sempre l' anno scorso, Tonino è diventato senatore del Pdl.
Eletto in Lombardia. Lui che come imprenditore è nato nel Lazio, è poi emigrato in Puglia, è infine risalito nelle Marche, dove ha fatto affari con Vittorio Merloni, fino a ritrovarsi con una quota di Mediocredito Centrale, poi finita in Banca di Roma, poi finita in Capitalia e infine profumatamente liquidata al momento della fusione in Unicredit. Oggi il gruppo è un po' nella tempesta. Due inchieste giudiziarie nell' arco di pochi anni. Prima in Puglia, giusto tre anni fa, per un affare di tangenti che porto all' emissione di mandati d' arresto per Giampaolo Angelucci, il terzo figlio di primo letto, a cui sono affidate le attività sanitarie, e per l' attuale ministro per gli Affari Regionali Raffaele Fitto. E ora nel Lazio, lo scorso febbraio, con un nuovo arresto per Giampaolo in una storia di rimborsi gonfiati alla casa di cura del gruppo a Velletri, vicino Roma. Per questo quando si è saputo che Tosinvest ha chiesto a Banca Intesa una valutazione sugli asset sanitari tutti hanno pensato che la famiglia stava per vendere. Sbagliato. Loro negano tutto. Nessuna intenzione di vendere ma normale processo periodico di verifica delle valutazioni. Tipico, fanno sapere, nei gruppi familiari in cui tutti vogliono sempre essere aggiornati su come sta il patrimonio.
E forse la Angelucci Family lo è ancora di più. Perché è una famiglia complicata. Perfino più di casa BerlusconiLario, se è consentito e fatte le proporzioni. La famiglia è infatti composta da: lui, Tonino, che tutti, dentro e fuori la famiglia, considerano il numero uno incontrastato; i due gemelli Alessandro e Andrea, 39 anni, e il terzo fratello Giampaolo, 38, l' uomo della sanità. Finito? No. Perché da tre anni Tonino, da tempo vedovo, ha un quarto figlio con una nuova compagna. Niente di anomalo. Ma il fatto è che quattro mesi fa Tonino è diventato padre per la quinta volta, di un' altra nuova compagna. Niente da ridire, ma se le tipiche imprese familiari italiane hanno tutte il problema degli assetti ereditari (dal Cavaliere di Arcore in giù), la famiglia Angelucci il problema ce l' ha ancora di più. Ma sicuramente Tonino riuscirà a trovare una soluzione anche in questo caso. Lui è cresciuto e ha costruito passo passo il suo impero con una buona dose di creatività. Da quando utilizzava la minaccia di licenziamenti (con pullman di licenziandi pronti a manifestare davanti ad Asl e assessorati, notoriamente sensibili all' argomento) per avere rinnovi di convenzioni o adeguamenti tariffari delle stesse. Fino al suo colpo di genio. L' ambulatorio della stazione Termini a Roma. Un ambulatorio efficiente, pulito, accogliente, che in due anni, grazie al passaparola e alla sua posizione attaccata alla stazione, ha attirato un numero crescente di pazienti non solo da Roma ma da tutta la provincia e forse anche la regione. Un ambulatorio di visite e analisi che per due anni ha fatto pagare ai pazienti il prezzo equivalente del normale ticket, ritirando le impegnative. Che però non poteva farsi rimborsare per il semplice fatto che non aveva convenzione con la sanità pubblica. Angelucci ha in pratica venduto prestazioni in dumping: sottocosto.
E' stato, tuttavia, un grande investimento. In cosa? Forte del nome e del numero di pazienti che lo frequentavano e forse anche va detto dell' efficienza e del buon servizio, ma anche di una sapiente politica di assunzioni attente alla sensibilità di molti politici locali per fronteggiare il numero crescente di prestazioni, puntava a farsi concedere l' accreditamento a furor di popolo (e minacciando in caso contrario, come al solito, licenziamenti). Un sistema non dissimile, in piccolo e in un altro contesto, da quello che usò Berlusconi per farsi dare la diretta tv negli anni '80: sfidò le leggi, e quando i giudici ordinarono l' oscuramento delle sue reti fece scendere in campo i telespettatori inferociti per la improvvisa sottrazione del Costanzo Show, di Dallas e di Drive In. A Berlusconi andò bene, per quanto riguarda Angelucci invece la situazione non è definita: al momento secondo la Regione Lazio la convenzione non c' è, mentre la famiglia afferma di avere una sentenza favorevole del Consiglio di Stato. Vedremo come andrà a finire. Ora il fronte giudiziario è apparentemente tranquillo. In Puglia, dopo tre anni, non c' è ancora un rinvio a giudizio. Nel Lazio alcuni capi d' accusa sono intanto caduti. E la famiglia ha deciso di tenere un basso profilo. Tanto che Giampaolo ha anche lasciato la vicepresidenza dell' Aiop, la confindustria dell' ospedalità privata. E intanto si fanno fare valutazioni per tenersi aggiornati sui valori di mercato. Se poi si presentassero soci o compratori, si vedrà. Anche Berlusconi alla fine ha deciso di vendere Kaka.