
IL ROMANISTA (C.ZUCCHELLI) - Cè sempre il rischio delleffetto portone. È come quando finisce un grande amore e qualcuno ti dice: dai, ti si chiude una porta, e ti si apre... Trovare le parole giuste non è mai facile, e se quello che dovrebbe ascoltarti sta seduto per terra a piangere con la testa sulle ginocchia e i lacrimoni grandi così, la cosa si complica.
È Vincenzo Montella, uno che, parole sue, inizia «ad avere un po troppe medaglie dargento». Mentre parla, i ragazzi intorno a lui non lo guardano mai in volto. Piangono, singhiozzano, neanche i genitori che si avvicinano alla rete di protezione servono a qualcosa. Jacopo Ferri, il bomber, è inconsolabile, i compagni più grandi, in attesa di ritirare la loro medaglia doro, ci provano. Il loro mister pure. Dà una pacca sulle spalle a tutti, ma il risultato è quello che è, ancora lacrime. Montella ci riprova, dopo essersi concesso a radio, tv e giornali, mascherando dietro un sorriso anche la sua, di delusio-ne: «Adesso non mi crederete, ma da questa sconfitta potete imparare tanto. Ripartirete più forti». Un silenzio surreale accompagna questa frase. È rotto solo da una carezza di Bruno Conti allex campio- ne ora allenatore. Poi tocca a lui, lanima del settore giovanile, il compito più difficile. Va a prendere uno per uno i giocatori, fa alzare chi è per terra, dà una pacca sulla spalla a chi è in piedi con lo sguardo basso: «Andate a prendere questa medaglia - dice - ve la siete meritata. E siatene orgogliosi»». Poche parole, le più importanti. Ferri prende la maglietta e si asciuga le lacrime. Quando farà la foto con la coppa, dieci minuti dopo, accarezzerà la medaglia. È il segnale che Conti e Montella aspettavano: è di- ventato grande. E così i suoi compagni, con cui poi in serata va a prendere un gelato sul corso di Montepluciano. E, finalmente, accenna un sorriso. Sotto lo sguardo soddisfatto del suo allenatore. La voglia di stringersi un po è anche questa.