L’urlo di De Rossi «Un gol importante come quello di Berlino»

15/06/2010 alle 11:30.

CORSERA (A. BOCCI) - L’incubo diventa speranza quando dal tunnel nero della preoccupazione spunta Daniele De Rossi: si avventa sull’angolo teso di Pepe, anticipa Barrios retrocesso in difesa a protezione di Villar, cancella i cattivi presagi che affollavano la mente dei tifosi italiani. Il pari non è il massimo della vita, ma è oro visto come si erano messe le cose. A tradire, nella prima ora di partita, più che i debuttanti, erano stati gli eroi di Berlino. Anche Lippi, che aveva puntato su un 4-2-3-1 poco funzionante. Da Cannavaro, che si era fatto anticipare dallo sconosciuto Alcaraz, sino al legnoso Iaquinta, passando per Gilardino e Zambrotta. Quando, dopo

Invece nel momento peggiore e grazie anche al c.t. che toglie lo spaesato Marchisio e rilancia Camoranesi, trasformando l’Italia in 4-4-2, riemerge . La sua smorfia, dopo il gol del pareggio e della speranza, è un raggio di luce nella notte da tregenda. Significa che l’Italia non è morta, che abbiamo fede e carattere come chiede Marcellone, che sappiamo reagire alle difficoltà, che possiamo ancora farcela a vincere il girone e qualificarci al primo posto.

«Il bicchiere è mezzo pieno, il girone è ancora aperto — dice proprio l’uomo della provvidenza — e lo sarebbe stato anche in caso di una sconfitta. Due vittorie sono alla nostra portata». Serve però un’altra Italia, più logica, cinica, smaliziata. E serve questo , quello capace di raddrizzare una partita in salita: «È il gol più importante della mia carriera in azzurro insieme al rigore della finale di Berlino quattro anni fa», racconta il romanista alla fine, per poi aggiungere una nota di autocritica: «Sì, sono stato ingenuo sul primo gol».



La nazionale, ieri si è visto, è soprattutto lui, il capitan futuro dei romanisti, il secondo marcatore azzurro dopo Gilardino (9 gol gli stessi di Di Natale). E nell’urlo liberatorio che accompagna la sua gioia c’è anche un pizzico di rivincita contro chi, dopo le critiche per la tessera del tifoso, aveva consigliato di lasciarlo a casa. invece è in nazionale ed è una fortuna per Lippi. In Germania il suo Mondiale era stato caratterizzato dalla gomitata a McBride contro gli Stati Uniti. Una follia che lo ha costretto a saltare quattro partite e a ripresentarsi giusto per la finale. «Quel Mondiale non lo sento mio sino in fondo», aveva dichiarato con molta onestà al Sestriere. Questo, invece, sì. E lui lo comincia nel migliore dei modi, a fianco di Montolivo, anche lui molto brillante, cuore, anima, grinta di una squadra trasformata dalla sua prodezza, da quella zampata che ci ha ridato fiato e speranza. «Meritavamo di vincere — continua —. Abbiamo avuto sempre il pallino, ma non è facile farcela contro le squadre che giocano per pareggiare. Noi invece siamo l’Italia e giochiamo per vincere, ma in campo non è nulla di scontato. Poi, se vai sotto, è ancora più dura»

Ci ha pensato . Non è una faccia nuova, ma è come se lo fosse in una notte segnata dalla pioggia, dal vento, dalla paura. La sua rabbia è il punto di partenza di questa avventura. In attesa di capire chi siamo e dove possiamo arrivare, abbiamo ritrovato un leader. ha perso lo scudetto con la Roma, ma ha trasformato la rabbia in energia positiva. Gli chiedono di , se manca a questa Italia. Ha la risposta giusta anche per una domanda così delicata: « manca a tutti, un giocatore così non ce l’ha neppure il Brasile. Ce l’ha solo la Roma. Però è ingeneroso continuare a parlarne».

Ora aspettiamo gli altri eroi di Berlino, che hanno rischiato di cadere. E consoliamoci con l’intrepido Pepe e il gagliardo Montolivo che una prestazione così coraggiosa e sostanziosa con la maglia della nazionale non l’aveva ancora fatta.