
CORSPORT (A. MAGLIE) - E uno dei «pretoriani» di Dunga. Lo ha anche detto, a chiare lettere: « Lui ha rivalutato il lavoro dei difensori ed è un fatto positivo in un Paese in cui si predilige il calcio offensivo ». Al suo secondo tentativo, Juan cerca la grande affermazione internazionale che sino ad ora gli è mancata. « Brucia » l'avventura di quattro anni fa, quando il Brasile delle Stelle si segnalò soprattutto per le polemiche, la vita abbastanza bella e i risultati decisamente deludenti.
LA CHANCE -Per molti dei suoi compagni è l'occasione da non perdere. «Per me, Lucio e Julio Cesar sarebbe straordinario vincere il Mondiale dopo aver vinto tutto con lInter» , ha detto ieri Maicon. E lui, Juan, il grande avversario dellinterista nella sfida sullasse Milano- Roma, per una volta concorda. Con Lucio, poi, i rapporti sono amichevoli, cementati negli anni della comune militanza al Bayer Leverkusen. Daltro canto nel personale albo doro con la Seleçao manca soprattutto questultimo, grande successo: due Coppe America, due Confederations Cup. Ma si sa, la perla più preziosa è il Mondiale e a trentuno annipotrebbe non esserci unaltra occasione perché quando Blatter celebrerà il suo Rito in Brasile, di anni lui ne avrà trentacinque: strappare una convocazione non è impossibile ma è impresa difficile.
PENSIERI -Divide il sogno, nelle notti di « esilio » a Randpark, con altri due compagni giallorossi, Doni e Julio Baptista. Fonti, tutte e due, di inquietudini. Il futuro di Doni appare incerto e sembra essere entrato nel mirino del Milan. Pubblicamente, la Seleçao non parla di questi problemi: ordine di Dunga, generale dai comportamenti ferrei, ne sa qualcosa Robinho multato e costretto alle pubbliche scuse per una intervista rilasciata in un supermercato a unanota emittente televisiva brasiliana.
Baptista, invece, ha indirettamente reso più incandescente la guerra tra il Ct e la stampa. Anzi, Dunga avrebbe deciso il secondo allenamento a porte chiuse (una vera e propria novità perché il Brasile le porte non le ha mai chiuse, nemmeno nei Mondiali più polemici) proprio per «causa» sua. Alla base di tutto un intervento duro di Dani Alves in allenamento e la protesta del romanista. Il piccolo scontro è finito sui quotidiani brasiliani sabato mattina e puntuale è arrivata la replica di Dunga: tutti fuori. E a nulla è valso lintervento pubblico di Felipe Melo: «Siamo tutti brasiliani, siamo tutti uniti» . Ora intorno al ritiro di Randpark il muro di impenetrabilità è stato ulteriormente alzato. Tra poche ore si va in campo e Juan avrà le risposte che chiede.