Giannini, un Principe al Bentegodi

23/06/2010 alle 11:35.

CORSPORT (F.M. SPLENDORE) - - Il principe ricomin­cia da Verona. Non ci è volu­to molto. Una telefonata, un appuntamento, la firma su un contratto biennale, per­ché nella vita conta anche saper cogliere la scintilla, sentire la fiducia guardando­si negli occhi. Dopo Gallipo­li a Giuseppe Giannini servi­va questo e lo ha trovato nel­la dirigenza scaligera. Farà la Prima Divisione o potrà sperare nel ripescaggio in serie B? Non importa nean­che quello: è stato tutto tal­mente d’un fiato, tutto tal­mente fluido, positivo, che... quel che verrà andrà bene. E così dopo Foggia, San Bene­detto del Tronto, l’Arges Pi­testi in Romania, la Massese e il Gallipoli, Giuseppe Gian­nini entra da tecnico in uno dei grandi stadi del calcio, il Bentegodi, che ha visto an­che uno scudetto, quello del 1985, con Osvaldo Bagnoli in panchina. Giannini era gio­vane allora e in quel campio­nato segnava il suo primo in serie A, all’Olimpico in Ro­ma- Juventus 1-1.

Dunque Verona, la pre­sentazione ufficiale dovreb­be arrivare lunedì. Giannini va a giocarsi la sua scom­messa, il suo esame di matu­rità da tecnico, magari spe­rando in un po’ di tranquilli­tà (quella che non si può pro­prio dire abbia potuto trova­re a Gallipoli, dove però ha ottenuto il traguardo storico della promozione in serie B). Nei giorni scorsi il suo nome è stato accostato al Grosseto, al Padova: ma forse sia i to­scani che i veneti hanno atte­so troppo. E Giannini non vuole fare la primadonna, ma - come da calciatore ­continua a privilegiare l’istinto. Quelle lunghe attese gli hanno lasciato il dubbio che dall’altra parte non ci fosse totale convinzione. E alla fine ha detto no grazie.

Con il Verona è sto tutto di­verso. Molto diverso. E allo­ra si può dire sì anche se ci sarà da ricominciare dalla Prima Divisione. Verona è Verona, il Bentegodi è il Bentegodi. Per un tecnico che vuole crescere è la scel­ta giusta. Il sogno di Gianni­ni va avanti. Forse nella testa del Principe un traguardo in un orizzonte più o meno di­stante c’è: ma è meglio non dirlo, meglio far lavorare il tempo. E chissà che un gior­no quella fascia di capitano non si poggi sulla “sua” pan­china...