E a piazza di Siena cori per Prandelli

25/06/2010 alle 10:20.

IL ROMANISTA (P.BRUNI) - Delusione e rabbia. Tanta rabbia. I volti della gente accorsa a piazza di Siena per spingere l’Italia agli ottavi del Mondiale sudafricano finito incredibilmente in anticipo, sono le specchio dell’amara giornata vissuta dagli azzurri. Il sogno di bissare il titolo vinto nel 2006 si è infranto sul muro slovacco, o per essere davvero onesti, si è arenato davanti ad una nazionale senza anima e idee. «E’ solo colpa di Lippi», è il coro che si alzerà quando tutto sarà finito. Da tutti.

Il sogno di bissare il titolo vinto nel 2006 si è infranto sul muro slovacco, o per essere davvero onesti, si è arenato davanti ad una nazionale senza anima e idee. «E’ solo colpa di Lippi», è il coro che si alzerà quando tutto sarà finito. Da tutti.

Alle 15.55, all’entrata in campo dei giocatori, il morale è alto. Sole e aria tiepida coccolano la marea tricolore affollata di fronte al maxi schermo. I primi minuti di gioco, nonostante i campioni del mondo giochino imballati, vengono vissuti con febbrile partecipazione.

La legnata arriva al vantaggio della Slovacchia, ognuno guarda il proprio vicino come in cerca di solidarietà. Il senso d’impotenza è forte, quasi da mordersi la lingua. C’è chi prega, chi si affida agli amuleti e chi, da inguaribile ottimista, pensa ad una rimonta stile Speedy Gonzales. L’Italia però è evanescente, scocciata, senza idee, ferma sulle gambe, quasi irritante e l’umore dei tifosi oscilla come se fosse un indice borsistico in pieno periodo di crisi. Nell’intervallo si beve, si mangiucchia, provando a prendersi quindici minuti di meritata ricreazione alle coronarie.

L’avvio di ripresa conferma i timori ampiamente vissuti. Gli spettri prendono forma al raddoppio di Vittek, per la seconda volta lasciato solo in area come un monaco diretto in Tibet. Fra i ventimila di villa Borghese cala lo sconforto più totale. Le imprecazioni diventano il leit motiv del pomeriggio di un giorno da cani. Qualcuno si piazza la bandiera in tasca e, a testa china, prende la strada di casa. Il Mondiale è quasi arrivato agli sgoccioli nel modo più barbaro e impensabile possibile.

Un lampo di gioia arriva quando Di Natale, a porta vuota, accorcia le distanze. Scoppia il boato che, seppur composto, riaccende i cuori depressi. Gli azzurri prendono in mano la gara e il pubblico, ad ogni azione, li accompagna.

Quando Quagliarella centra il pareggio scoppia il putiferio, piazza di Siena si stringe in abbraccio collettivo. Il godimento dura appena pochi istanti e il braccio alto dell’arbitro Webb ad indicare un fuorigioco, taglia il fiato e lucida gli occhi. Questione di istanti e le lacrime, stavolta per davvero, solcano le guancie di molti. Il 3 a 1 slovacco è cosa fatta. Così come l’eliminazione nostrana dal viaggetto sudafricano. Neppure il 3 a 2 di Quagliarella, finalmente buono, riesce ad entusiasmare.

Manca davvero poco per credere ad una rimonta incredibile e assurda. Il nervoso prende forma. Lippi e il suo “blocco diventano il parafulmine per insulti e critiche.

Le scelte operate dal Ct mandano in bestia. E’ lui il centro della rabbia di fine match e, da una parte dell’arena cominciano ad alzarsi piccoli coretti a favore di Prandelli, colui a cui verranno affidate le chiavi di casa Italia. Quattro anni dopo Berlino, non siamo più sul tetto del pianeta. E c’è chi ha pianto. La malinconia diventa compagna di coloro che avevano coltivato un sogno e si sono svegliati davanti a Paraguay