CORSPORT (A. MAGLIE) - Lo circondano un paio di giornaliste spagnole invocando il suo ritorno in Spagna. Lui sorride, quasi ammiccando. Julio Baptista al centro delle attenzioni: non è una stella ma in un momento in cui Kakà delude, lui è inevitabilmente diventato una alternativa
Nel ritiro del Brasile è vietato parlare di mercato, di trattative. Ordine di Dunga: sono cose che disturbano. In realtà, sui giocatori sembrano passare come acqua sul vetro. Julio Baptista sorride, scherza con l'altro Julio, Cesar, quello interista. Ma l'impressione è che il feeling con Roma e la Roma ormai si sia esaurito, inevitabilmente esaurito.
LATTACCO - Non a caso, quando si tratta di analizzare la sua vicenda giallorossa, non si tira indietro e sembra, in qualche misura, prefigurare un addio. Gli segnalano un paradosso: lui è qui, al Mondiale, ma nella Roma non ha giocato, ha fatto molta panchina, è stato tanto a guardare, ha partecipato in misura limitata alla ricorsa all'Inter. La sua spiegazione è semplice ma indirettamente polemica con Claudio Ranieri. Afferma: «Il primo anno sono andato bene, ho giocato molto e segnato tanto. Poi è arrivato un nuovo allenatore, con una filosofia diversa di gioco e che non mi ritiene adatto per quella filosofia, per quel sistema. E' una cosa abbastanza diffusa, in Europa. Ma queste scelte non hanno tolto valore al mio lavoro. Tanto è vero che ora, al di là di quello che è avvenuto nel corso della stagione appena finita, sono qui al Mondiale, sono qui, con la mia Nazionale, alla ricerca di una occasione» .
IN PARTENZA - Il suo futuro è tutto da scrivere. La Roma lo ritiene utile ma non indispensabile, davanti alla possibilità di chiudere un buon affare, probabilmente non si tirerebbe indietro. Il suo nome, d'altro canto, è sempre nella lista di quei giocatori attraverso i quali fare cassa, produrre introiti da reinvestire sul mercato, risorsa per autofinanziamento. Lui stesso, probabilmente, è stanco della situazione. Pensava che il lungo purgatorio dell'inattività vissuto a Madrid con il Real, a Roma sarebbe terminato. Al contrario, si è ritrovato ancora una volta ai margini: pochi minuti, anche poche prestazioni entusiasmanti, soprattutto nell'ultima stagiona giallorossa che è stata, al contrario, per molti suoi compagni decisamente straordinaria. Cambiare aria, in casi come questi, può essere positivo.
CHANCE MONDIALE - Lui, comunque, non fa proclami, non alza la voce: quel che ha da dire lo dice in maniera misurata. La sua filosofia sportiva è semplice. La illustra a proposito del suo rapporto con la Seleçao: « Io sono qui per dare una mano alla squadra. Certo, ho tanta voglia di giocare, tutti i giocatori ce l'hanno. Poi decide il tecnico, decide Dunga ». Il Mondiale, d'altro canto, è appena cominciato: le occasioni non mancheranno, così come non sono mancate nella Roma. Bisogna, però, saperle sfruttare. Afferma: «Io sono preparato. Sto lavorando per sfruttare l'opportunità nel momento in cui mi verrà data». Potrebbe anche arrivare presto, chissà nella prossima partita contro la Costa D'Avorio: «Una squadra molto forte fisicamente, un gruppo coeso, ha giocatori di grande qualità. Contro di loro non dobbiamo giocare al meglio delle nostre possibilità» . Un meglio decisamente più alto di quello messo in mostra contro la Corea del Nord. E' convinto che il calcio sudamericano da questo torneo uscirà trionfatore: «Il football sudamericano è cresciuto molto e non mi sorprenderei se alle fasi finali approdassero due, tre squadre del nostro continente» .