LA REPUBBLICA - Rotoliamoci nel fango, ancora, dai. Tanto il divertimento sta per finire, mannaggia, mancano solo due partite. Allora inzaccheriamoci, scalciamo, sbuffiamo, insultiamo, provochiamo. Creiamo ulteriori barriere. Buttiamola in rissa perenne, in uno scontro di inciviltà. Passi indietro non sono previsti, è un questione di orgoglio: siamo uomini, mica caporali. Poi i tifosi ci vogliono così. Che dunque prosegua, la faida sullasse
Oggi in teoria si potrebbe già assegnare lo scudetto (in caso di vittoria interista sul Chievo e mancata vittoria della Roma sul Cagliari: Inter senza Lucio, Cordoba e Sniejder, mentre il Cagliari non perde da tre giornate) ma ieri hanno ancora tenuto banco gli scambi di accuse. Sono tornati a suonarsele i due tecnici, Ranieri e Mourinho, dopo mesi di tregua. Ha attaccato Ranieri a Trigoria, che richiesto di un parere sulle frasi di Mourinho sul premio a vincere che la Roma potrebbe dare al Siena allultima giornata, ha buttato lì: «Certe frasi sono bombe a orologeria. Questo è un calcio che a me non piace. A me piace rispetto e do rispetto, in Italia si sta cambiando troppo. E troppo facile motivare e creare un gruppo facendosi sentire attaccati da tutti. Così sono tutte bombe ad orologeria. Ci sono molti modi per caricare la squadra, io scelgo quello del calcio bello, determinato, agonistico e duro ma nel rispetto del prossimo».
Poi, poco dopo: «Siete voi che fate diventare Mourinho un fenomeno. Per me è un buon allenatore e mi fermo qui». Si sa comè fatto Mourinho: gli dai un ceffone, e lui ti spara addosso tutto il caricatore, ti distrugge. Infatti a stretto giro arriva la sua risposta sul sito dellInter, anche se il tecnico, dopo aver diretto lallenamento del mattino, si trova a Berlino per assistere a Hertha-Bayern Monaco.
Il comunicato è un distillato di piccole e grandi perfidie, con laggiunta di un particolare sulla preparaz one alla finale di Coppa Italia della Roma che fa capire come Mou abbia buone spie: «Premesso che la Roma mercoledì sera avrebbe dovuto terminare la partita in sei, visto e considerato che Mexes, Totti, Perrotta, Taddei e Burdisso hanno fatto il necessario per meritare le sanzioni che non gli avrebbero permesso di restare più tempo in campo, oggi si è parlato di come si motivano i giocatori. Lo si fa tutti i giorni con il lavoro del gruppo, allenamento dopo allenamento. Non lo si fa certo facendo vedere un film alla squadra prima di una finale di coppa. I giocatori sono professionisti seri, non vanno trattati come bambini. Noi abbiamo preferito lavorare sul campo e abbiamo studiato a fondo la Roma e i suoi punti deboli. Se prima di una partita metto la squadra a guardare "Il Gladiatore", i miei giocatori si mettono a ridere o chiamano il dottore chiedendogli se sono malato. Non credo di essere un fenomeno, però ho lavorato tanto per aiutare la mia squadra. Prima della finale di Tim Cup ho visto sei partite della Roma per trovare i loro punti deboli, lavorandoci diciotto ore
Non ho mai detto di essere un fenomeno, però non è certo colpa mia se, nel 2004, dopo essere arrivato al Chelsea e aver chiesto perché stavano cambiando Ranieri, mi hanno risposto che volevano vincere e con lui non sarebbe mai capitato. Di questo io non ho proprio colpe».