IL ROMANISTA (D. PASTORIN) - Il calcio; questo calcio, ha bisogno desempi, di persone capaci di riportare i fatti e i discorsi intorno a un pallone dentro le regole della educazione e della morale. Oggi, nel nostro Paese, ha ragione chi urla più forte, il provocatore dellultima o della penultima ora, chi per difendersi attacca, inventandosi
Claudio Ranieri è, indubbiamente, una "mosca bianca", una persona perbene, che riesce a mantenere una calma olimpica anche quando viene messo al centro del mirino (ad esempio da habla habla Mourinho che, poverino, non si sente amato da noi italiani: adios, senza rimpianti, ma con lamarezza delle cose che potevano essere e non sono state).
Ho avuto modo di conoscere e apprezzare il tecnico romano e romanista, quandero a La7 e nelle sue stagioni torinesi alla Juventus. Un professionista bravo, competente, che ha sempre preferito il linguaggio del campo alla vanità e al "vuoto" delle tante, troppe parole; un uomo disponibile, incapace di provare un rancore, di esprimersi con livore, di giustificare una sconfitta con la colpa esclusiva degli altri. Fui critico con la dirigenza juventina quando gli diede il benservito a due giornate dalla fine, con una assenza di stile totale: in quelloccasione funzionò, in maniera chirurgica e ingiusta, lo stiletto. Qualche personaggio da bar tv lo soprannominò il "cantante", giocherellando, per il cognome, tra Massimo e Claudio, in una ironia da basso avanspettacolo. Anche davanti a questo, e ad altro, Ranieri non ha mai perso la pazienza, non si è lasciato possedere da nuvole dira: questa è classe, classe pura; questo vuol dire mettersi al di sopra delle banalità, dellormai caos totale.
Ranieri avrebbe meritato lo scudetto. Per come ha saputo ricostruire un collettivo, per un rincorsa che sembrava impossibile, per la sua tenacia. Alla Juve, adesso, lo rimpiangono: ma è, come sappiamo, ormai troppo tardi. Ci riproverà nella prossima stagione: perché la sua Roma è tra le grandi, non solo nel nostro campionato, ma in Europa. Il gioco che esprime è moderno, divertente, sbadigliare è impossibile. E, che non è una cosa indifferente per un allenatore, sa stare in panchina e nello spogliatoio. Sa essere duro e intransigente, se necessita. Ma umano e comprensivo quando occorre. Un pregio raro, quello del carattere, che può essere determinante, anzi lo è, specialmente con le grandi squadre. E con i giocatori più difficili e complicati. Lo abbiamo visto con Menez, questanno. Ma lo abbiamo notato anche in passato.
Lo saluto con stima e affetto; e gli dico di non mollare, di proseguire sulla sua strada. Senza guardarsi indietro, ma con lo sguardo rivolto al futuro, ai nuovi orizzonti. Ai cieli sereni.




