IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Una sfida infinita, no? E, allora, ecco lennesima puntata al veleno del confronto/scontro tra Roma e Inter, protagonisti stavolta Claudio Ranieri e Josè Mourinho, due nemici di vecchia data. Una botta e risposta senza esclusione di colpi, cominciato allora di pranzo a Trigoria e terminato allora della merenda a Berlino, dove lallenatore dellInter si era
Tutto ha preso il via quando, al Bernardini, è stato chiesto a Ranieri di commentare il deferimento di Mourinho alla Disciplinare per le accuse mosse alla Roma di volersi comprare il Siena, domenica prossima. «Questo è un calcio che non mi piace. Io sono diverso da Mourinho: mi piace il rispetto e do rispetto. Qui in Italia non so dove si arriverà... E troppo facile motivare il gruppo sentendosi attaccati da tutti e da tutto. A me piace vincere in un altro modo. Facendo così, invece, sono tutte bombe a orologeria. Io non voglio dire che sia da irresponsabili creare un clima di tensione intorno ad una partita, ma so che ci sono molti modi per caricare una squadra e fare gruppo. Le librerie sono piene di testi che spiegano come fare gruppo. Se sentirsi accerchiati, se sentirsi soli contro tutti... Io scelgo quello del calcio bello, determinato, agonistico, deciso, duro ma nel rispetto del prossimo. Mourinho è un buon allenatore, siete voi che lo fate diventare un fenomeno».
Ecco Mourinho, attraverso il sito internet dellInter con un comunicato lungo e dettagliato dettato per filo e per segno dalla Germania. «Non ho mai detto di essere un fenomeno, però non è certo colpa mia se, nel 2004, dopo essere arrivato al Chelsea e aver chiesto perché stavano cambiando Ranieri, mi hanno risposto che volevano vincere e con lui non sarebbe mai capitato. Di questo io non ho colpe. Non credo di essere un fenomeno però ho lavorato tanto per aiutare la mia squadra. Non ho mai pianto, ho sempre lavorato duramente per ottenere i risultati con i miei giocatori. Per questo prima della finale di Tim Cup ho visto sei partite della Roma per trovare i loro punti deboli, lavorandoci diciotto ore, perché ogni partita sulla quale lavoro al computer mi impegna per tre ore circa. Dopo ho passato tante altre ore selezionando le parti che mi servivano e lavorandoci sopra con i vari programmi utili al mio lavoro. Certo è più facile scegliere un film da proiettare prima della gara, ma Ranieri ha dimenticato che i suoi giocatori sono dei campioni e non dei bambini. I giocatori vengono motivati tutti i giorni con il lavoro del gruppo, allenamento dopo allenamento. Non lo si fa facendo vedere un film alla squadra prima di una finale di coppa. I giocatori sono professionisti seri, non vanno trattati come bambini. Noi abbiamo preferito lavorare sul campo e abbiamo studiato a fondo la Roma e i suoi punti deboli. Se prima di una partita metto la squadra a guardare Il Gladiatore (chi ha fatto la spia al portoghese?, ndr) i miei giocatori si mettono a ridere o chiamano il dottore chiedendogli se sono malato».
Ancora Ranieri, sempre con toni pacati e la massima fermezza. «Non sono un giudice, nè ci voglio passare. Non sta a me parlare di penalizzazioni per chi lancia messaggi sleali. Io sono responsabile della mia squadra e di quello che dico. So che entro dentro migliaia di case, per cui cerco di far vedere e racconto il calcio che piace a me. Chivu? In quattro giorni (quindi compresa Lazio-Inter, ndr) ci hanno visto allestero e tutto questo non ha fatto una grande pubblicità al calcio italiano. Chivu ha fatto quel gesto e anche lui ha chiesto scusa: va bene, ma quello che abbiamo proposto non è stato il vero calcio italiano. Totti? Andavano evidenziate altre cose, invece dato che cè di mezzo Francesco è stato tutto amplificato. Lo hanno fatto passare per un malvagio. Ci ho parlato, da romano a romano: gli ho detto cosa pensavo. Non ci ha visto più e ha perso la testa. Ha sbagliato, ma è umano sbagliare. Francesco razzista? No, è il figlio che tutti i padri vorrebbero avere. I tifosi sanno che Totti ha sbagliato, ma verranno allo stadio con la sua maglia: per me è un messaggio bellissimo, di vicinanza e senso di appartenenza. Francesco non andrà ai mondiali, lo so: è quello che mi sono sempre augurato, mi serve qui».
Quindi Mourinho. «La Roma mercoledì sera avrebbe dovuto terminare la partita in sei, visto e considerato che Mexes, Totti, Perrotta, Taddei e Burdisso (e Materazzi no?, ndr) hanno fatto il necessario per meritare le sanzioni che non gli avrebbero permesso di restare più tempo in campo».
To be continued...